Anno VIII - Numero 3/2022
SANGIULIANO
POESIE DA
NUOVO BESTIARIO
I
Arcuato il gallo nero ha le sue ragioni
per impettirsi, il fisico da parata
e l’ingroppo sicuro. Ostentando insegne
da gerarca in orbace divide il vento,
sempre all’erta sul Chianti.
II
Chissà quali motivi avrà il lombrico
per uscire se piove. Quand’anche vada
ben che gallina torni in su la via
a ripetere il verso così distratta
da non vederlo, è certo che torna a calci
nell’abbraccio dell’erba.
III
Nasce politico il camaleonte
con lingua lunga, e mangia a mano a mano
che indovina il colore.
IV
La cornacchia sbracciata col suo corredo
da forze scelte uccide senza il sospetto
che circonda il rapace dando impressione
di far solo un servizio.
V
Fuori casa l’iguana non può far altro
che passare da stupida in panni uguali
a quant’altri convincono d’esser brutti
perché cattivi sempre premeditando
morsi e colpi di coda.
VI
Iridescente il colibrì specilla
col becco le corolle e puntualmente
dà luogo a figurine da incollare
negli spazi del sogno.
VII
Pochi sanno dei fianchi che la formica
agita opposti al pezzo sopra. Il tutto
col cuore in gola ed altri effetti spiega
ogni spiaggia di Rio.
VIII
Tutto muscoli il toro viene allevato
perché s’incazzi, monti ed in ogni caso
finisca sulla mensa con gli attributi
serviti a parte. Sempre
sotto altro nome.
IX
Tutt’occhi il lemure, con quattro mani,
non è scimmia né altro, quasi davvero
portasse a spasso l’anima di chi è morto
per far venire meglio i documentari.
X
Maschilista il fagiano s’è preso tutto,
lasciando solo l’onere della cova
alla grigia compagna, ma paga il prezzo
d’ogni netto bersaglio.
XI
Poderoso il gorilla si batte il petto,
con i capelli a spazzola e gli occhiali
da sole anche la notte vigilando
sulle feste dei ladri.
XII
Sgualcito nella cotica e assonnato
in permanenza pisola il mastino
napoletano e ringhia per far contento
un padrone vigliacco.
XIII
Danza in piume la gru col cappello in mano
in simmetrico omaggio e par che nasconda
sotto l’ala la spada del moschettiere.
XIV
Per sfilare in banchina adeguatamente
col frac e il passo sciolto del seduttore
troppo pingue è il pinguino.
XV
Non si vede, da solo, di che è capace
Il piranha infernale ma in giusta turba
getta la maschera ed impunemente
spolpa chiunque s’azzardi ad attraversare
le sue democrazie, arrossando l’acque
d’ogni data Amazzonia.
XVI
La plebe, che sia iena o licaone,
la fa in barba al leone.
XVII
Non soltanto è innocente il delfino rosa,
ma tace anche se è l’unico a sapere
stando sul posto – lui così impedito
da sua vecchiezza – chi davvero abusa
dell’indie prone al lavatoio, incontro
a chi viene da dietro.
XVIII
Ritardatario il bradipo, sottosopra
pencolando dai rami giunge a vedere
qual è il dritto del mondo
e per questo forse
procede ad onta di ogni vana cura
col suo passo postale.
XIX
Picchiatello lo struzzo è così veloce
perché la sabbia scotta e nondimeno
poi ci mette la testa quando ha paura
di far gola alle troie.
XX
Verde d’invidia rosica il coccodrillo,
e scodonzola greve recriminando
perché non può permettersi la cinghia
di marxista italiano.
XXI
La sogliola, stirata per distrazione
dal padreterno il quinto giorno, arranca
bestemmiando a tappeto, col mal di schiena
e la pancia spellata.
XXII
Neppure quando è cotta intriga meno
impudica la cozza onde ci si adopra
variamente trattandola a mascherare
scene audaci nel piatto.
XXIII
Invincibile all’urna, sempre rieletto,
l’acaro esiste solo perché prude
refrattario alla lente ma nondimeno
ben si sa di che mangia.
XXIV
Salta la rana con destrezza e pare
che nessuno la pizzichi eppure avviene
come a cuor di poeta che in mezzo all’erba
se ne pasca il biscione.
XXV
Sfacciato il ratto a volte neanche scappa
se lo scova il padrone umiliando i gatti
spiazzati dalla cosa, ed è innocente
fino a legge più seria.
XXVI
La cavalletta abbassa la celata
e intruppata mortifica il lato verde
delle cose, vieppiù convinta
di punire gli egitti.
XXVII
La gazzella ha ginocchia e non quei capelli
raccolti in testa in modo da risultare
sempre femmina al cuore di chi una volta
l’ha toccata davvero.
XXVIII
Con ali troppo piccole sulla testa,
non vola l’elefante anche se ci prova
quando s’arrabbia e sventolando il naso
starnutisce lontano.
XXIX
Brutto fra i brutti il grillotalpa sparla
e rivendica meriti, piazza i figli
a tutto spiano: se lo guardi in faccia
vomiti ma capisci con chi è pervia,
malgrado ogni urna, la democrazia.
XXX
Mi nascono coriandoli i pensieri,
e poi sono farfalle.
XXXI
Le tortore del mago rimbambite
chissà come e da chi sono sempre bianche,
volano appena e al pari dei conigli
non si sa dove vanno.
XXXII
La cicala scogliona nei pomeriggi
assolati frinendo a prendere in giro
le formiche sudate incredibilmente
ignorando il destino che le riserva
lo sfanculo d’inverno.
XXXIII
Le mosche imbelli, fatte con gli avanzi
della creazione vagano nella puzza
dei loro trebbi, molestando il mondo
con lo zelo dei preti.
XXXIV
S’arrampica ovunque e pilucca smodatamente
la capra, canta sempre per precauzione
sopra la panca e presta la sembianza
ai diavoli eccitati
sotto la luna.
XXXV
Vuoi perché striscia vuoi per la questione
della mela il serpente, dovunque vada,
son cazzi suoi.
XXXVI
La cornacchia impunita quasi che fosse
delinquente in Italia ruba al sicuro
e gracchia la vittoria anche in presenza
del padrone di casa.
XXXVII
Rincoglionisce al piffero il serpente
se ci soffia l’indiano.
XXXVIII
Drago fallito nelle originali
poderose sembianze non si rassegna
al cambio la lucertola malgrado
le ricresca la coda.
XXXIX
Da sempre benemerito il pipistrello
pur nascondeva pesti nelle caverne
a testa in giù per spargerla di notte
sui mercati cinesi.
XL
Invaso d’aria, prossimo a deflagrare,
sta ammollo l’ippopotamo e tonneggia
scorreggiando nei fiumi.
XLI
Piace a tutti il cavallo, combatte, s’erge
rampante nelle statue, criniera al vento
galoppa e soffia come se non portasse
nessuno in groppa.
XLII
Grosso e cazzaccio l’elefante soffre
d’insetti sulla schiena e se si struscia
crolla insieme all’appoggio.
XLIII
La pecora è obbediente, guarda in basso,
non si dissocia e bruca
con discrezione
offrendosi a modello per dar nome
non soltanto al formaggio.
XLIV
Zompa e strimpella il grillo al Calendimaggio
gareggiando di giorno nella gabbietta
portafortuna ai giochi dei minorenni
arrapati a merenda.
XLV
Il pangolino vive per conto suo
ignoto a tutti, senza dar confidenza
a cinesi di sorta, evita i mercati
e gli dicono untore.
XLVI
Catafratto per forza il rinoceronte
gli pesa tutto e in bolsa rassegnazione
bruca basso e si estingue
per via del corno
onde scopa il cinese.
XLVII
Il drago sputa fuoco fino a quando
non lo uccide il sangiorgio o in diversa guisa
soccombe nella favola in pro del bene
ch’ha da trionfare e appena lo si sopporta
spento in quel di Komodo.
XLVIII
Placcon placconi avanza la tartaruga
snobbando il piè veloce e arriva prima
al traguardo in palestra
per far contenti
i cazzacci in vetrina.
XLIX
Ruba le case senza alcun riguardo
come stesse in Italia quel gran paguro
del paguro bernardo.
L
Gli uccelletti minuti vuoi per la grazia
delle mosse eleganti vuoi per la voce
che attraversa le piante non sanno fare
altro ch’esser felici.
Le poesie da I a XXX sono state pubblicate su Pagine – Trimestrale di poesia internazionale – Zone Editrice nov.-dic. 2006. La raccolta è stata completata nel 2021.
Si allude a leggende malgasce, richiamate talvolta nei documentari, secondo le quali i lemuri accompagnano le anime dei morti nel loro cammino.
Si allude alla reciproca danza di corteggiamento delle gru.
Si allude ironicamente al fatto che in democrazia la maggioranza ha sempre e comunque ragione.
Si allude al boa di struzzo, considerato icona degli spettacoli di ballerine.
Necessariamente ricco per permettersi cinghie di coccodrillo.
Si allude alla scarsa comprensibilità di leggi ossessivamente protettive delle specie animali, anche le più dannose.
Si allude alla sovente evocata Anna, primo e inobliato amore del poeta.
L’aggettivo è “pecorino”.
Si allude alle tentazioni e le occasioni erotiche offerte dalle gite e dalle ribotte.