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Storia, Cultura e Società

LA QUESTIONE UCRAINA,

IN MARGINE

SERGIO MATTARELLA:

UNA LINEA E UNA PROSPETTIVA DIVERSA

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Il 27 aprile scorso il Presidente Mattarella, davanti al Consiglio Europeo, ha pronunciato un discorso sulla guerra in atto in Ucraina e sulle prospettive che ne derivano. O ne dovrebbero derivare.

Appare con ogni evidenza un divario netto dalle posizioni prese fin qui dal cosiddetto Occidente, e via via politicamente e concretamente affermate specialmente dai governi degli Stati Uniti e del Regno Unito. E in parte anche dall’Europa e dall’Italia.   

 

«Quanto la guerra ha la pretesa di essere lampo - e non le riesce –» ha detto il Presidente Italiano, «tanto la pace è frutto del paziente e inarrestabile fluire dello spirito e della pratica di collaborazione tra i popoli, della capacità di passare dallo scontro e dalla corsa agli armamenti, al dialogo, al controllo e alla riduzione bilanciata delle armi di aggressione.»

La pace, ha rimarcato, «è frutto di una ostinata fiducia verso l'umanità e di senso di responsabilità nei suoi confronti».

 

Non v’è chi non veda la distanza che divide tale indirizzo dalle decisioni prese dall’Europa e dalla NATO di procedere ad un possente riarmo di tutti i Paesi dell’Unione e ad un allargamento dell’Allenza Atlantica. Ancor più dalla linea di Biden e di Johnson – non lasciata intuire, ma espressa esplicitamente (di recente leggermente attenuata) - di portare “una lunga guerra” sicuramente vittoriosa anche sul territorio russo, con l’obiettivo di un crollo militare ed economico della Federazione Russa e di Putin personalmente. 

Naturalmente Mattarella non ha lasciato aperto nessun equivoco, tanto meno le sue parole hanno potuto dar adito ad alcun sospetto di equidistanza, come invece tante posizioni europee ed italiane di condannatori solo formali. «Di fronte a un'Europa sconvolta dalla guerra» egli ha detto «nessun equivoco, nessuna incertezza è possibile. La Federazione Russa, con l'atroce invasione dell'Ucraina, ha scelto di collocarsi fuori dalle regole a cui aveva liberamente aderito, contribuendo ad applicarle… L'aggressione della Russia sollecita ancor di più la spinta all'unità dei Paesi e popoli europei che credono nella pace, nella democrazia, nel rispetto del diritto internazionale e nello Stato di diritto…».

«La responsabilità... ricade interamente sul Governo della Federazione Russa. Desidero aggiungere: non sul popolo russo, la cui cultura fa parte del patrimonio europeo e che si cerca colpevolmente di tenere all'oscuro di quanto realmente avviene in Ucraina…» ha spiegato il Capo dello Stato, che ha anche lanciato un appello: «Non si può arretrare dalla trincea della difesa dei diritti umani e dei popoli. La ferma e attiva solidarietà nei confronti del popolo ucraino e l'appello al Governo della Federazione Russa perché sappia fermarsi, ritirare le proprie truppe, contribuire alla ricostruzione di una terra che ha devastato, è conseguenza di queste semplici considerazioni.» Il che, ancora una volta, è ben diverso dall’intento anglo americano di proseguire la guerra fino alla sconfitta e magari alla caduta di Putin. E infatti Mattarella così ha continuato: «Alla comunità internazionale tocca un compito: ottenere il cessate il fuoco e ripartire con la costruzione di un quadro internazionale rispettoso e condiviso che conduca alla pace… Noi siamo convinti che occorre sostenere e incoraggiare tutte le possibilità di negoziato - che vi sono anche se allo stato non c'è ottimismo - sperando che si aprano anche se ciò finora non è avvenuto.»

 

Ben diversamente, dunque, dalla linea concretamente seguita specialmente da USA, UK e NATO – che delinea uno sbocco di forte confrontation, per altri 30 anni di guerra fredda e di danza sull’orlo dell’abisso (oggi non solo Finlandia e Svezia abbandonano la loro secolare e propiziatrice neutralità, non solo la Germania lascia i limiti militari imposti ed autoimpostisi nel 45/48 e corre al riarmo, ma lo stesso Giappone coglie l’occasione di questa guerra scatenata dalla Russia neo-zarista, con correlate minacce, per correre al riarmo addirittura nucleare)…, ben diversamente il nostro Capo dello Stato spinge alla distensione, e prendendo a prestito parole del tempo della guerra fredda e ad essa contrapposte come “cammino di pace", e “ripudio della guerra”, indica la via da perseguire.

 

«Coesistenza pacifica, tra i popoli e tra gli Stati. Democrazia come condizione per il rispetto della dignità di ciascuno. Infine, Helsinki[1] e non Jalta: dialogo, non prove di forza tra grandi potenze che devono comprendere di essere sempre meno tali…», ha detto Mattarella, spiegando che occorre: «Prospettare una sede internazionale che rinnovi radici alla pace, che restituisca dignità a un quadro di sicurezza e di cooperazione, sull'esempio di quella Conferenza di Helsinki che portò, nel 1975, a un Atto finale foriero di positivi sviluppi. E di cui fu figlia la Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. Si tratta di affermare con forza il rifiuto di una politica basata su sfere di influenza, su diritti affievoliti per alcuni popoli e Paesi e, invece, proclamare, nello spirito di Helsinki, la parità di diritti, la uguaglianza per popoli e persone. Secondo una nuova architettura delle relazioni internazionali, in Europa e nel mondo, condivisa, coinvolgente, senza posizioni pregiudizialmente privilegiate».

 

Fu, invece, la realtà in cui il mondo ha vissuto nel lungo periodo della guerra fredda: cui la dissoluzione della Unione Sovietica e del suo sistema, si disse, avrebbe messo fine, e che invece è proseguita in varie forme, vecchie e nuove, ed anche molto calde (la “terza guerra mondiale in pezzi”, le guerre per procura, le guerre commerciali sotto l’ombrello della globalizzazione, ecc…), e sempre come politiche di potenze, volontà di dominio, estensione delle sfere d’influenza, di conquista neo-coloniale (ma anche vetero-coloniale) di ricchezze  energetiche minerarie alimentari. In una parola: imperialismo. E di cui la Federazione Russa (vedi in questa sede il poderoso studio di Stefano Lanuzza I Piani del sofo e dello zar) si sente e vuole essere parte, e parte non secondaria ma dominante. Quella Russia che, come dice Putin stesso, “ha molti amici nel mondo” - e li abbiamo conosciuti e riconosciamo anche in Europa e in Italia, anche quando recitano in maschera: tra neofascisti e sovranisti, antimperialisti a senso unico e in ritardo d’epoca, sedicenti comunisti da sempre anti-berlingueriani… -, quella Russia “che non è una democrazia criticabile, ma una dittatura. Putin è il dittatore di un paese ormai capitalista che del passato [sovietico] in realtà ha mantenuto soltanto la visione staliniana della divisione del mondo, delle sfere di influenza, della politica di potenza e dei metodi repressivi che ha imparato nel Kgb”.

 

Portando a sostegno alcuni riferimenti storici, Mattarella ha poi ricordato quanto diceva Robert Schuman: «La pace non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Se perseguiamo obiettivi comuni, per vincere non è più necessario che qualcun altro debba perdere. Vinciamo tutti insieme… L'obiettivo hitleriano che condusse alla Seconda guerra mondiale era quello di fare della Germania la potenza prevalente con un ruolo dominante su altri popoli e altri Paesi. Fu un disegno che coinvolse regimi di numerose altre nazioni - il Regno d'Italia fra queste - e che fu battuto dalla coscienza civile internazionale…». E poi, intervenendo sull’ONU: «Occorre superare la visione imperialista tardo-ottocentesca: Viviamo oggi, nuovamente, l'incubo - inatteso perché imprevedibile - della guerra nel nostro Continente ma imperialismo e neocolonialismo non hanno più diritto di esistere nel terzo millennio. Non è più il tempo di una visione tardo-ottocentesca, e poi stalinista, che immagina una gerarchia tra le nazioni a vantaggio di quella militarmente più forte. Non è più il tempo di Paesi che pretendano di dominarne altri… La sicurezza, la pace - è la grande lezione emersa dal secondo dopoguerra - non può essere affidata a rapporti bilaterali - Mosca versus Kiev -. Tanto più se questo avviene tra diseguali, tra Stati grandi e Stati più piccoli. Garantire la sicurezza e la pace è responsabilità dell'intera comunità internazionale. Questa, tutta intera, può e deve essere la garante di una nuova pace… Se la voce delle Nazioni Unite è apparsa chiara nella denuncia e nella condanna ma, purtroppo, inefficace sul terreno, questo significa che la loro azione va rafforzata, non indebolita. Significa che iniziative, come quella promossa dal Liechtenstein e da altri 15 Paesi, per evitare la paralisi del Consiglio di Sicurezza dell'Onu vanno prese in seria considerazione… La crisi in Ucraina impone una riflessione strategica sugli obiettivi e sulla funzione del Consiglio d'Europa, per garantirne l'efficacia».

 

 

[1] Consulta fra i Documenti: Helsinki 1975 – Atto finale.

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