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ARTICOLO 21, VENT’ANNI DOPO

di Vincenzo Vita
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L’associazione Articolo21 ha compiuto vent’anni. Il compleanno è stato lo scorso 27 febbraio, per l’esattezza.

Il clima di quei giorni era terribile per la libertà di informazione. Si stava in pieno regime berlusconiano e fioccavano gli editti bulgari. Vittime illustri – da Enzo Biagi, a Michele Santoro, a Daniele Luttazzi, a Renato Parascandolo- furono oggetto di repressione e censura. Il cavaliere di Arcore, re del conflitto di interessi e tragico imperatore del mondo televisivo privato, aveva messo le mani sulla Rai e condizionava parte consistente della carta stampata attraverso il rubinetto pubblicitario. Era, poi, sbarcato Rupert Murdoch in Italia e nell’universo in rapida espansione delle telecomunicazioni le logiche finanziarie prevalevano sulle grandi opportunità tecniche offerte dal boom della rete.

Accanto alla rabdomantica intuizione del primo fondatore Beppe Giulietti si appalesò già nelle prime ore un dichiarato liberale che era stato vicino ad Indro Montanelli, Federico Orlando. Ora, da quando lo stesso Giulietti è diventato presidente della federazione della stampa italiana e dopo la scomparsa di Orlando e la malattia di Tommaso Fulfaro, si è costruito un gruppo dirigente largo e capace di aprirsi al territorio. Barbara Scaramucci, Elisa Marincola, Giuliano Montaldo, Paolo Borrometi, Stefano Corradino, Roberto Natale, Antonella Napoli, Graziella Di Mambro, Renato Parascandolo, Angelo Giacobelli sono protagonisti – insieme ad una schiera numerosa di persone appassionate- di un’attività che ha varcato i confini di un pur fondamentale passo della Costituzione, per aprirsi ai temi sociali e alla lotta contro ogni forma di oppressione. Dalla vicenda tragica di Giulio Regeni, alla storia dimenticata di Andrea Rocchelli (a proposito di Ucraina), alle vittime mediali dei regimi, l’impegno civile ha cercato di connettere i diversi punti di osservazione. L’universo comunicativo è sempre meno a sé stante, essendo il motore di nuove agguerrite modalità di egemonia.

Purtroppo, negli anni ci hanno lasciato alcuni decisivi soci fondatori: da Roberto Morrione, a Sergio Lepri, a Santo Della Volpe. Ma che eredità.

Il ventennale di Articolo21 non è, però, una mera celebrazione. Ciò che va sottolineato, al di là delle belle parole dovute, è l’aspetto forse meno evocato dell’importanza dell’associazione. Il tratto peculiare di quest’ultima, infatti, è l’essere riuscita a tenere vivo il conflitto su argomenti coperti ormai da indifferenza, sottovalutazione e subalternità.

Ora più che mai, non certamente meno di quel brutto 2002 di angherie, si respira un torbido clima di ingiustizia, di sopraffazione e di semplificazione autoritaria del pensiero.

Il lavoro è talmente precario da sconfinare in una inedita servitù della gleba ritmata dagli algoritmi, il ricorso ossessivo all’arma delle querele per mettere il bavaglio ad un diritto di cronaca ferito pure da recenti provvedimenti normativi di ostacolo al suo esercizio (il decreto legislativo sulla presunzione d’innocenza) sono la prova di una volontà di spegnere ogni residuo quarto (o quinto) potere. Mentre, se mai, cresce prepotentemente il sesto dei poteri, quello della sorveglianza di massa sotto l’egida dell’intelligenza artificiale.

Le organizzazioni criminali e le guerre colpiscono con costanza macabra gli operatori indipendenti.

Stupisce, ad esempio, che si siano levate voci astiose contro un corrispondente della Rai – Il puntuale Marc Innaro- reo di aver tentato di storicizzare l’abnorme aggressione russa contro l’Ucraina. Testo e contesto sono facce di un’unica medaglia: il racconto della verità.

Aver mantenuti fermi i principi fondamentali costituisce un merito indubbio. Vittorie e sconfitte si colorano diversamente a seconda che rimangano in piedi o meno le soggettività con la loro carica alternativa.

Un movimento carsico attraversa l’infosfera e una resistenza affrancata da ogni nostalgia è essenziale.

Ecco perché gli auguri ad Articolo21 sono davvero meritati. Vent’anni dopo, per riprendere il titolo celeberrimo di Dumas padre, le ragioni iniziali ci interpellano persino con maggiore urgenza.

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