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PER LA CRITICA

“Finzioni. Interviste fantasma”

CARMEN MOSCARIELLO

di Giorgio Moio

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Come in un Film. E, ancora una volta “il potere del linguaggio” di Giorgio Moio si ripropone come visualità e urgenza di confronto, come spazi per la fisiognomia che, nonostante l’affermazione perentoria di “Interviste fantasma”, esse si manifestano più che mai vive e propositive, bene inserite nel tessuto reale e nella natura.

L’incontro è con “i morti”. Mi sono chiesta più volte man mano che leggevo e assaporavo le pagine di questo intenso e originale libro, come mai Giorgio Moio non abbia deciso di intervistare personaggi in carne ed ossa del nostro tempo? Forse perché i moderni sono più che mai soggetti e sottoposti alla precarietà e al vago assoluto del vivere? Certo nel mondo dei morti egli si muove con disinvoltura e cognizione di causa. Vuole sapere sulla storia, sulla canzone, sulla filosofia, sulla poesia, sull’arte, insomma vorrebbe vederci chiaro sulla vita e sulle sue continue contraddizioni, contrapposizioni, cadute. Le pagine hanno molto fascino, ci catturano e ci illudono, mentre ci incamminiamo nel mondo delle ombre come già fece Enea, Dante e altri grandi. Egli con  la sua solita nonchalance, con le mani in tasca e con il suo cervello che gira a mille, inizia i suoi dialoghi. Uno tra i suoi più affascinanti e intensi è con una Donna, e che Donna! Fa parlare Sibilla Aleramo e le fa raccontare i risvolti di tutta una vita. Insomma, “il Poeta d’Avanguardia”, come lo definisce il Grande Piscopo, inizia dal femminismo come farebbe un galantuomo o meglio un cavaliere. Il suo parlare non è irriverente, ma è libero da stucchevoli annegamenti. Le fa dire dei suoi amori, delle sue lotte per l’affermazione della libertà della donna, l’urgenza del rispetto per quest’essere divino, delicato e capace di buona poesia senza curarsi di togliere il trono all’uomo.

Va a cercarsi anche personaggi spigolosi che in vita male accetterebbero un’intervista, non perché a farla fosse stato Giorgio Moio, ma perché non volevano e non vogliono essere invischiati in fatti umani, i quali se volgari potrebbero coinvolgere chiunque. Ed eccoci di fronte a Lucio Battisti, chi non lo ha amato e cantato, egli è il maestro del canto-poesia, della primavera in versi, del riserbo della sua chitarra, Moio abile e rispettoso delle Sue canzoni gli fa spifferare tutto, anche le amarezze post mortem, poiché certi artisti veri non vengono lasciati in pace nemmeno dopo morti. L’autore mette in luce un aspetto importante del rapporto tra chi scrive e chi legge. Quante volte studiando un autore lontano non ci siamo sentiti chiamare in modo suadente attrarre nelle loro vite, ed essi senza ritegno ci spifferano tutto anche quello che loro non sono riusciti a dirci troppo chiaramente in vita. A chi scrive succede. Posso giurarvi che ho visto risorgere dalle mie pagine di lettura la poetessa Amelia Rosselli e (i dissacratori dei sogni certamente rideranno) Giordano Bruno ancora irruento e arrabbiato con la Chiesa che ad oggi non l’ha veramente perdonato. Per me sono stati sprazzi disordinati che hanno sorpreso la mia mente, che è rimasta piacevolmente attratta da quelle vite intense, indimenticabili.

Ebbene, l’‟ateo” Giorgio Moio ci dimostra concretamente che ci sono altre vite non meno intriganti e favolose di quelle che noi viviamo ogni giorno. Solo l’incontro con il dolore di Leopardi mette un po’ a disagio l’Autore di fronte alla mente immensa e tormentata del Poeta di Recanati. Lì si vuole far luce sul pessimismo e Giorgio Moio guida Leopardi (è proprio lui che guida il grande genio!) a comprendere che la vita va vissuta intensamente in ogni suo aspetto e in essa è l’universo, il cosmo che attizza il pensiero e ci aiuta a credere. Le interviste del libro sono 49, smilze, veloci, non si attardano, danno in poche battute l’essenza e sanno costruire intorno a questa le parole giuste. È un libro che si legge d’un fiato e qui si può incontrare in maniche di camicia fraternamente Borges, Federico Garcia Lorca, Rose Luxemburg, Giorgio Manganelli, il dolce rivoluzionario Neruda, l’enigmatico Pessoa, Antonia Pozzi, Ungaretti, e tanti altri. È un libro carico di vita, molto razionale, non ha fronzoli è diretto e vero, molto originale.

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