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Libri & Libri

di Valerio Calzolaio

NEL TEMPO SBAGLIATO

Bruno Morchio, Noir, Garzanti Milano, 2021, Pag. 171 euro 16,90

 

Genova. Maggio 1994. Quel lunedì mattina Bacci Pagano stava facendo scatoloni per trasferire casa e ufficio in due appartamenti contigui di stradone Sant’Agostino, gran pena e fatica. Senza appuntamento, gli arriva a piazza De Marini il ricco elegante (firmato) Carlo Pizarro, capace di accumulare una grande fortuna giocando in borsa. Gli dice che è scomparsa la giovane moglie ucraina e gli chiede di trovarla. Il sabato precedente ad Arenzano hanno preso la bella barca a vela e, tornati causa vento, hanno ben cenato sulla tolda e dormito avvinghiati in cuccetta. Al mattino Miroslava Myra Rostova non si trova, è scomparsa, portandosi via borsa e vestiti. L’ha chiamata e cercata senza successo, ha paura sia stata in qualche modo costretta, non vuole rivolgersi alla polizia, meglio pagare intanto un investigatore privato, i soldi non sono un problema. Riluttante, Bacci accetta, un poco anche incuriosito: la splendida minuta ragazza ha circa la metà degli anni del marito, venticinque; si è mantenuta agli studi universitari (in lettere antiche) facendo l’irreprensibile entraîneuse in un night del centro fino all’estate del 1992; da qualche anno, grazie all’ottima tesi su Marziale, ha ottenuto un dottorato in facoltà e tiene un seguito seminario per gli studenti; traduce a braccio dal latino, parla correntemente quattro lingue moderne, sa cucinare, suona il pianoforte; appare proprio una donna volitiva e una moglie fedele, assomiglia a Sylvie Vartan, irresistibile. Bacci parla col direttore del locale dove si esibiva, poi incontra successivamente l’altra bella ragazza più grande con la quale condivideva lavoro e abitazione, un amico omosessuale di Myra, l’affascinante professore che la segue all’università. E chiede qualche aiuto al commissario Totò Pertusiello, riparla spesso col marito, ascolta i consigli della sua compagna, gira in Vespa amaranto 200 PX e lentamente si toglie la curiosità e si fa un’idea di quanto può essere accaduto.

Il nuovo ottimo romanzo del grande scrittore Bruno Morchio (Genova, 1954), psicologo pubblico in pensione e psicoterapeuta, ripercorre la fase iniziale della carriera del suo famoso e prestante protagonista seriale, un metro e ottantacinque per settantotto chilogrammi di peso (grazie anche alle corse nel parco del Peralto), ateo e colto: Bacci sta per compiere quarant’anni ad agosto e si è poco tempo prima separato dalla moglie Clara, che non gli lascia vedere la figlia Aglaja e a cui dovrà passare una barca di soldi. Risulta ancora abbastanza sanguinante la recente ferita del carcere ingiusto (dove si laureò su Pavese), appare ancora vivida la memoria del nonno Baciccia (partigiano comunista come il padre) e pure le scelte di stare dalla parte dei perdenti o di non badare troppo all’onorario sono già abbastanza consolidate. Lo conosciamo: ironico e disilluso; figlio fiero di un operaio tifoso del Genoa; amante della musica di Mozart e della buona enogastronomia. Mara Sabelli, la sua fidanzata 25enne psicoanalista infantile (che frequenta da un paio d’anni), capelli corti e occhi verdi, lo ha inquadrato come "analfabeta dei sentimenti" e lui un po’ ci sta. Il titolo quindi ha vari riferimenti personali: il cliente è un azzimato conservatore con spirito anacronistico, uno di quei singolari individui che in fondo al cuore coltivano il sospetto di vivere nel tempo sbagliato, rimpiangendo il passato; il protagonista rientra nell’università che non aveva potuto frequentare nel tempo giusto e si sente sempre in anticipo o in ritardo; la ragazza scomparsa non poteva o non voleva sintonizzarsi con i tempi emotivi dei suoi interlocutori affettivi, preferiva Marziale. Nell’esergo e lungo tutta l’indagine appaiono quei geniacci di Leopardi e Montale, che non danno scampo alle illusioni. Insieme a Simenon, fra i giallisti. Chissà se ci sono ancora oggi i mitici negozi del giro delle chiese di allora, a pag. 136? Vini di gusto fine, scelti per le occasioni giuste: rossore di Dolceacqua od ormeasco di Pornassio, poi sauvignon, fiano, pigato. Questa volta il penultimo concerto per pianoforte di Mozart, il numero 26 in Re maggiore, aiuta poco. Ma Bacci capisce tutto lo stesso.

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UNA SETTIMANA IN GIALLO

AAVV (Alicia Giménez-Bartlett, Longo, Malvaldi, Manzini, Piazzese, Recami, Robecchi, Savatteri, Simi, Stassi, Simona Tanzini)

(Racconto spagnolo tradotto da Maria Nicola), Noir, Sellerio, 2021, Pag. 602, euro 16

 

Tempi e luoghi differenti ma consueti. A Barcellona Delicado e Garzón affrontano la morte, probabilmente per avvelenamento, di Ismael Gómez Lahuerta un bel 31enne; era sposato con Asunción del Corral Medina, una parrucchiera 53enne, madre della robusta 25enne Sara. Il commissario Coronas è nervoso e mette loro fretta, fra l’altro deve ricevere in ufficio un certo Montalbano della polizia italiana, in visita ufficiale. L’autopsia si fa attendere e dopo qualche giorno evidenzia, a sorpresa, che c’erano tracce di tallio nell’organismo. Petra pensa che l’amore è insieme la peggiore delle fregature e la più grande delle ricompense e, pur probabilmente non avendo letto David Cooper, che in tutte le famiglie ci sono buoni motivi per desiderare la morte di uno dei suoi componenti. Forse. A Milano Monterossi, Falcone e Cirielli ricevono un nuovo cliente dell’Agenzia investigativa Sistemi Integrati: il notaio 46enne Francesco Ghisoni li incarica di verificare se sia rintracciabile entro pochi giorni un primogenito concepito nel 1961 con una domestica e non riconosciuto, comunque prima dell’apertura del testamento del ricchissimo padre deceduto, con i familiari affamati di eredità e desiderosi di non spartirla (mentre gli sarebbero potuti essere destinati un quarto di liquidità e quote, oltre a molto altro); scoprono che ama La nuvola in calzoni di Majakovskij (soggetto teatrale per Camilleri), gli altri eredi della famiglia ufficiale non lo vedrebbero comparire con letizia. Forse. E poi a Palermo La Marca, a Napoli Acanfora, a Roma Corso (con Osvaldo Soriano), a Màkari Lamanna, a Pineta Massimo e Alice, su un’isola siciliana Viola, a Pisa Corbo, a Milano nella casa di ringhiera la famiglia Giorgi, sul Monte Bianco Schiavone hanno tutti circa una settimana per risolvere inediti misteri, più raramente veri e propri delitti.

Ennesima (quattordicesima?) antologia di racconti gialli per la casa editrice palermitana, scritti per l’occasione, in continuità con le accorte riuscite sperimentazioni che hanno costituito una svolta nel genere del genere. Per l’edizione 2021, qualità media ottima, testi godibili, intrattenimento garantito. Le ho recensite tutte (dal 2011) e questa è la prima pubblicata in assenza di Andrea Camilleri, ideata e scritta dopo la sua morte. Così oltre alla solita regola valida per tutti, ogni volta diversa, qui l’intervallo settimanale di tempo per le vicende narrate, è stato concordato un omaggio al maestro, con un qualche ruolo assegnato a Camilleri o al suo principale personaggio in ognuno dei racconti, sempre a proprio modo e in tre casi attraverso una presenza obliqua tutta da decifrare. Sono undici gli autori coinvolti della scuderia Sellerio: Alicia Giménez-Bartlett, Robecchi, Piazzese, Longo, Stassi, Savatteri, Malvaldi, Simona Tanzini, Simi, Recami, Manzini. Il tema (un po’ forzato, ma ben gestito) sono i sette giorni di un’unica settimana “in giallo”, perlopiù contemporanea. La lunghezza è omogenea (poco più lungo Savatteri, come al solito; più brevi Tanzini e Simi), la raccolta ribadisce una contaminazione che non inficia gli stili noti e amati di ogni autore, come d’abitudine quasi tutti narranti in prima persona (eccetto Robecchi, Malvaldi, Manzini), talora al passato e talora al presente, come caratteristico di ogni relativa serie di romanzi. Impossibile citare tutti i vini citati o le colonne sonore, ormai conoscete gli autori e si può lasciar vagare l’immaginazione con competenza.

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COMUNICARE AMBIENTE E SALUTE. AREE INQUINATE E CAMBIAMENTI CLIMATICI IN TEMPI DI PANDEMIA

Liliana Cori, Simona Re, Fabrizio Bianchi, Luca Carra (a cura di), Scienza, ETS Pisa

2021, Pag. 310 euro 16

 

Italia. 2006-2020. Da quindici anni una legge italiana ha individuato 42 siti di interesse nazionale (SIN) dove si consumarono fallimenti industriali e sviluppo insostenibile, intrecciando diseguaglianze sociali e contaminazioni industriali, rappresentativi di circa il 3% del territorio e di circa il 10% della popolazione. Una struttura del CNR organizzò nel novembre 2020 un convegno sulla comunicazione nelle aree a rischio (queste e non solo). Ora l’ottimo volume collettaneo curato dai quattro studiosi Fabrizio Bianchi, Luca Carra, Liliana Cori e Simona Re, “Comunicare ambiente e salute”, raccoglie le sedici interessanti relazioni e comunicazioni (distribuite in quattro parti), inaugurando la bella collana PiGreco. Clima, ambiente, salute, intitolata al grande comunicatore scientifico Pietro Greco (Barano d’Ischia, 1955), per anni direttore del master in comunicazione delle scienze alla Sissa di Trieste e caporedattore de Il Bo Live fino all’improvvisa scomparsa il 18 dicembre 2020.

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I MARGINI E IL DETTATO

Elena Ferrante, Letteratura, Edizioni e/o Roma, Pag. 155 2021, euro 15

 

Napoli. 1992-2021. Trent’anni di Elena Ferrante, chiunque sia! L’amore molesto uscì nel 1992 ma l’autrice scriveva da molto prima, dai tempi della scuola, come tante e tanti. I suoi primi ricordi di scrittura hanno a che fare con i quaderni delle elementari. Erano diversi da quelli di oggi (come ai miei tempi, all’incirca). Avevano righe nere orizzontali, tracciate in modo da delimitare spazi di diversa misura, dalla prima alla quinta i segmenti si riducevano, visto che la mano avrebbe dovuto sempre più disciplinarsi a tenere allineate lettere piccole e tonde, possibilmente in corsivo. A delimitare il foglio bianco c’erano anche due righe rosse verticali, una a sinistra, una a destra: occorreva iniziare continuare finire dentro, lasciando intonsi i bordi, disciplinando le andate a capo e l’ordine della pagina intera (ora con il computer si fa più o meno lo stesso, si progetta la pagina come la si vorrà vedere, si stabiliscono i caratteri e i parametri del paragrafo). Scrivere era muoversi all’interno di quelle righe, vergare le parole di un dettato entro quei margini. Ciò dava soddisfazione e, al contempo, segnalava una perdita, uno sciupio, un desiderio di sregolatezza. Per tutta la sua vita di scrittrice Elena Ferrante ha sofferto e goduto di entrambe le modalità di scrittura: l’acquiescente e l’impetuosa. Si è sentita una voce di donna sempre sballottata fra la consueta scrittura ben calibrata e tranquilla e un’altra che irrompe di rado, refrattaria a generi e punteggiature. In realtà, non sono separate: la prima ha dentro di sé la seconda, pazientemente attende di esserne svirgolata, grazie al continuo frastuono ordinato-disordinato in cui è immerso il nostro io fatto esclusivamente di parole. Scrivere è divenuto disporre frammenti in un incastro e aspettare di scombinarlo: la propria bella scrittura diventa (più) bella quando perde la sua armonia e acquista la forza disperata del brutto.

Su Wikipedia il luogo e la data di nascita di Elena Ferrante sono: Napoli, 5 aprile 1943. Perché no? Sul luogo i dubbi sono pochi, almeno come contesto d’infanzia e adolescenza, napoletano di fatto e diritto. Per l’anagrafe, invece, resta più ferma la data del 1992, quando uscì L’amore molesto, il primo romanzo con quel nome e cognome autorale. Da allora è una figura pubblica, incontrata da tanti in vari luoghi (a Napoli e non solo) con età e aspetto di sapiens in carne e ossa, conosciuta da molti più come autrice di bellissime narrazioni, basta e avanza. È con questo ruolo che rilascia interviste a distanza, subisce ricerche identitarie, paga comunque le tasse, esprime opinioni da stampare, collabora con quotidiani e riviste, continua a editare testi, risultando da tempo probabilmente la più brava scrittrice italiana, certo quella di maggior meritato successo, nazionale e internazionale. I suoi romanzi sono ruvidi e trasudano lividi, slabbrature, smargini. Narra meravigliosamente in prima, un continuo flusso di coscienza momentanea e retrospettiva, turbamenti e dolori arruffati e senza redenzione. Li ho recensiti tutti, dopo una lettura a tratti mesta e voluttuosa, a tratti lieve e ironica. Il Centro Internazionale di Studi Umanistici “Umberto Eco” le chiese di preparare tre lezioni da tenere all’Università di Bologna nell’autunno 2020, lei scrisse “La pena e la penna” (l’autrice prima di Elena, in genere in terza persona), “Acquamarina” (Ferrante in prima fino alle riflessioni per la quadrilogia dell’Amica geniale, iniziata nel 2011), “Storie, Io” (l’ultimo decennio). La pandemia ha reso impossibile rispettare tempi e modi. A metà novembre 2021 l’attrice Manuela Mandracchia ha portato ottimamente in scena, nei panni di Elena Ferrante, i tre testi al Teatro Arena del Sole di Bologna ed è uscito lo splendido volumetto cartaceo che contiene anche il saggio “La costola di Dante”, letto il 29 aprile 2021 dalla studiosa Tiziana de Rogatis all’interno di un convegno dantesco. Imperdibile.

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ATLANTE DEI VIAGGI STRAORDINARI E DEGLI INCONSUETI MEZZI DI TRASPORTO PER COMPIERLI (oltreché di bizzarre città e di curiosi marchingegni). Con brani delle opere di Jules Verne

Anselmo Roveda (a cura di), Illustrazioni di Marco Paci, Per ragazzi e avventurosi, Edt-Girangolo Torino, 2021, Pag. 59, euro 19,50 (cartonato, grande formato)

 

Futuro passato. 1863-1919. Il grande scrittore francese Jules Gabriel Verne (Nantes, 8 febbraio 1828 – Amiens, 24 marzo 1905) nel 1863 ottenne un contratto per pubblicare tre libri l’anno per venti anni. Andò oltre. Venne fuori una serie di 62 romanzi e 18 novelle (alcuni pubblicati postumi a cura del figlio) dedicati a I viaggi straordinari, testi noti a ragazzi e ragazze di quasi tutto il mondo, innumerevoli edizioni traduzioni adattamenti trasposizioni illustrazioni. Erano scritti di fantascientifica geniale visionaria immaginazione sia per gli spostamenti planetari e spaziali narrati, sia per alcune immaginarie destinazioni (città americane e isole oceaniche, soprattutto), sia per ecosistemi e specie incontrate, sia, infine, per i mezzi di trasporto ipotizzati e inventati: sui mari artici in brigantino, in slitta nel Grande Nord, lungo il Rio delle Amazzoni con una zattera, dall’America all’Europa sulla Belle-Roulotte, dall’Islanda a Stromboli nelle viscere della terra, in volo (pallone aerostatico) su Zanzibar, in groppa a elefanti (uno pure d’acciaio) attraverso l’India, alla scoperta della Cina con ogni mezzo “possibile”, nel profondo di abissi marini a bordo del Nautilus, oltre le nubi su un vascello volante, intorno alla luna dentro un enorme proiettile, nello spazio a bordo di una cometa, di tutto di più. Sentenziava Verne in Ventimila leghe sotto i mari: “Quel che serve alla terra non sono dei nuovi continenti, ma degli esseri umani nuovi”. Pare non avesse torto e, così, portò dovunque i lettori con travolgente fantasia (dopo un’adolescenza benestante, irrequieta e girovaga, prima di una vecchiaia amara, acciaccata e diabetica).

Lo scrittore e giornalista Anselmo Roveda (Genova, 1972) molto ha curato e pubblicato per ragazzi e ragazze. Per questo atlante dedicato a Verne prende spunto da sedici testi dell’autore, individua altrettante connesse straordinarie destinazioni (continenti, mari, spazio, città, isole) e seleziona (e ritraduce) brevi passi particolarmente significativi, senza ulteriori commenti. A splendido corredo vi sono le suggestive illustrazioni con varie tecniche dell’esperto comunicatore Marco Paci (Ravenna, 1975): riquadri grafici eleganti, schizzi di oggetti animali persone, una grande immagine paesaggistica colorata nelle pagine accanto ai brani e alle frasi citate. Spiega Roveda nell’introduzione: “Immaginazione e fantasia vanno a braccetto con geografia e scienza: il ricorso di Verne al fantastico, immaginare cose mai viste e fino ad allora impossibili, è, infatti, sempre nutrito da una curiosità ben informata dell’autore sulle novità tecnico-scientifiche e le acquisizioni geografico-astronomiche del proprio tempo”. In fondo al volume la sinossi dei sedici romanzi e l’iscrizione al Circolo dei viaggiatori e degli esploratori (da Salgari). Al tempo dei cambiamenti climatici antropici globali, appare utile ricordare un’altra “sentenza” di Verne (sempre tratta da Ventimila leghe): “Si possono sfidare le leggi dell’uomo, ma non si può resistere alle leggi della natura”. Un bel volume da affiancare ai testi scolastici e alle letture personali di narrativa e poesia.

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IL PARTITO RADICALE. SESSANTA ANNI DI LOTTE TRA MEMORIA E STORIA

Gianfranco Spadaccia, Storia politica, Sellerio Palermo, 2021, Pag. 758, euro 24

 

Italia. 1955-2016. Mancava una storia del “Partito Radicale”, nonostante pubblicazioni su singoli vicende e fasi, soprattutto sulla figura di Marco Pannella (1930-2016). Ora Gianfranco Spadaccia (Roma, 1935), autorevole protagonista di gran parte di quella storia da dirigente, deputato e senatore, realizza un volume distinto nelle varie parti cronologiche: gli esordi da tre differenti componenti culturali (1955-1963); il partito dei diritti civili e dell’alternativa di sinistra (1964-1976); i radicali in Parlamento (1976-1984); il partito dei diritti umani e della riforma democratica (1985-1989); la scelta transnazionale e transpartitica con la crisi della Prima Repubblica (1989-1996); i radicali tra Berlusconi e Prodi di fronte alle nuove crisi internazionali (1996-2005); la Rosa nel Pugno (2006-2008), l’ultima legislatura radicale (2008-2013), con un cenno finale ai tre attuali tronconi della galassia dopo la morte di Pannella. Bibliografia ristretta e indice dei nomi significativo.

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MORTE E VITA DI BOBBY Z.

Don Winslow

Traduzione di Alfredo Colitto, Noir, HarperCollins Milano, 2021 (orig. 1997, prima ed. it. Einaudi 2013), Pag. 317, euro 14

 

California del Sud e Messico. Metà Novanta. “Ecco come a Tim Kearney capita di diventare il leggendario Bobby Z.”  Tim è un giovane ladro, condannato a un periodo di ferma nei Marines e congedato con disonore, di nuovo arrestato. In carcere uccide un Hell’s Angel e allora si concretizza l’idea di un agente della Dea, causa la somiglianza con un trafficante di droga scomparso: liberare Tim (certo di essere ucciso per vendetta) se proverà a farsi passare per quello. “Morte e vita di Bobby Z.” è il primo splendido romanzo di successo di Don Winslow (New York, 1953), scritto nei pendolari trasferimenti in treno a Los Angeles e venduto subito a un produttore cinematografico (il film con Paul Walker uscirà nel 2007). La narrazione è in terza al presente (un’innovazione significativa rispetto alle prime prove, riuscite ma poco vendute), piena di ritmo ed energia. Ovviamente, come spiega l’autore, “il jazz è la colonna sonora del noir”. La riedizione consente la meritata lettura (o rilettura).

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SOTTO LE STELLE DI FRED. T’HO VEDUTO, T’HO SEGUITO…

INCONTRI DA SOGNO CON FRED BUSCAGLIONE

Marina Rota, Nota di Paolo Conte, Prefazione di Vittorio Sgarbi, Biografia, Buendia Books Torino, 2021, Pag. 151,  euro 14

 

Torino. Il 23 novembre 1921 nasce a Torino il grande musicista Fred Buscaglione. Ricorre il centenario, non scordiamolo! In soli trentotto anni di vita segnò un’epoca. A fine anni cinquanta, poco prima di morire in un incidente, si trovava all’apice di una carriera clamorosa e multimediale: era uno degli artisti di spettacolo, cinema e televisione più noti e celebrati in tutto il paese; aveva un calendario di importanti serate quotidiane (che copriva più anni successivi) e una tournée negli Stati Uniti; tante italiane e italiane di varie generazioni fischiettavano e provavano a ballare le sue canzoni. Fermarsi un attimo a memorizzare una vita intensa e culturalmente significativa è un dovere e un piacere. Fred crebbe in un noto grande palazzo ottocentesco su un cortile di Piazza Cavour, di sobria eleganza, emblematico del decoro borghese sabaudo, dove la mamma Ernesta faceva la portinaia (diplomata in pianoforte, uno lo aveva in casa). Il giovane Nando mostrò subito uno straordinario talento per la musica (chitarra, violino, contrabbasso e altri strumenti, a lezione o al conservatorio o da autodidatta), ereditato anche dal padre verniciatore (e buon fisarmonicista) e dalla zia artista di café chantant (morta però di tubercolosi nel 1920). Presto dovette smettere di studiare per aiutare il bilancio familiare (con fratello e sorella): fattorino, pellettiere, apprendista odontotecnico, artigiano. Nel tempo libero tanto jazz e blues, collaborazioni con orchestre importanti, ingaggi in locali dove, fra l’altro, conobbe Leo Chiosso. Poi la guerra, ma in Sardegna riuscì a organizzare uno spettacolo ricreativo e a suonare spesso nella radio indipendente. Tornò, ritrovò Leo (lettore di gialli), divennero inseparabili, lui il grande frenetico indimenticabile Fred.

La brava giornalista Marina Rota adotta un colto ingegnoso espediente letterario per farci incontrare il suo concittadino Buscaglione, un intreccio di realtà e sogno su un uomo carismatico e beffardo, diventato leggenda dopo una morte assurda. Segnala subito come è emersa in lei l’esigenza di riascoltare il musicista e studiarne contesti familiare e sociale torinesi, per caso, trasferendosi proprio dalle parti di quell’antico palazzo e organizzando una festa di apertura con personalità e amici illustri, fra cui il grande americanista Claudio Gorlier. La narrazione prosegue in prima al presente, sia quando restiamo nell’oggi con i suoi contemporanei colloqui e progressi, sia soprattutto quando ci tuffiamo in sogno indietro nel tempo, accanto al fantasma di Fred, mentre sempre lei (giornalista alla Gazzetta del Popolo) e Claudio (in veste di Virgilio) frequentano il palazzo dagli anni venti ai Cinquanta, lo vedono crescere da piccolo artista, si fanno raccontare le gesta dalla madre, lo incrociano nei bar e nei locali. I capitoli riguardano le principali fasi della vita: fino alla partenza per la guerra, dal rientro ai primi successi del gruppo orchestra Asternovas, il quasi decennio della gloria generosa e trascinante (Paolo Conte parla di “spirito guascone”). Rota lo ha definito una rigorosa biografia romanzata e un viaggio nella Torino swingante degli anni Quaranta e Cinquanta, più povera, ma ricca di speranza; un viaggio a ritroso nel tempo che può piacere ai cultori appassionati, ai musicisti attivi e ai nostalgici di una stagione irripetibile della storia culturale della città operaia e del paese in ripresa. In appendice le interviste a Fred Chiosso (figlio di Leo), a Dario Arrigotti (figlio del pianista del gruppo) e alla nipote Letizia Buscaglione (figlia della sorella). Titolo e copertina azzeccati, interessanti apparati bibliografico e iconografico.

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IL TERZO UOMO

Graham Greene, Sellerio Palermo, 2021 (orig. 1950), Con una nota di Ben Pastor,

Cura e postfazione di Domenico Scarpa, Trad. Alessandro Carrera, Pag. 210 euro 14

 

Vienna. Febbraio 1948. La città è rasa al suolo, devastata e spartita in zone dalle Quattro Potenze: russa, inglese, americana e francese, regioni delimitate da cartelli, la Innere Stadt (con presidenza a turno) circondata dal Ring con i suoi grevi edifici pubblici e le sue statue arroganti. Vi arriva Rollo Martins, scrittore di western, invitato per un servizio giornalistico dal suo caro amico Harry Line. Subito deve, invece, andare al funerale di Harry. Calloway, un funzionario di Scotland Yard, gli suggerisce di indagare, lui incontra l’ex fidanzata. Poi, dopo una settimana, vede passare Harry sullo Strand: che accidenti è successo e sta succedendo? Questo bel romanzo uscì anni dopo la stesura, fu scritto per essere visto non letto, divenuto il magnifico film di Carol Reed, “Il terzo uomo” (1949). Lo spiegò trent’anni dopo lo stesso Graham Greene, straordinario scrittore e diplomatico inglese (Berkhamsted, 1904 - Corsier-sur-Vevey, Svizzera, 1991), nella prefazione al cartaceo.

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L’ALBA DEL LINGUAGGIO. COME E PERCHÉ I SAPIENS HANNO INIZIATO A PARLARE

Svenker Johansson, Traduzione (dallo svedese) di Alessandro Storti, Scienza

Ponte alle Grazie Milano, 2021 (orig. 2019), Pag. 452 euro 20

 

Africa e poi ovunque. Da centinaia di migliaia di anni fa in poi, evolvendo. Nella ricerca scientifica sull’origine della nostra specie e dei suoi linguaggi si sono osservate nel mondo animale sempre più facoltà che ritenevamo prettamente umane. Non siamo poi così unici come ci piacerebbe credere. Forse l’innovazione biologicamente più eccezionale è la gestione della memoria tramite puntatori, una dotazione non specifica della lingua. I punti che ci distinguono oggi nettamente da altri animali e dai nostri parenti più stretti sono più relativi alla volontà che alla capacità: i sapiens vogliono comunicare, impulso spiegabile con l’alto livello di fiducia e cooperazione all’interno della società umana e con l’altrettanto alto livello di controllo sociale che la comunicazione consente. Probabilmente, all’interno del genere Homo, la protolingua è comparsa all’inizio dell’evoluzione, riguarda specie precedenti la nostra, progenitori comuni. Poi, la lingua si è sviluppata gradualmente, soprattutto per la svolta nell’evoluzione sociale dell’erectus (fiducia e cooperazione, appunto), in un arco di tempo molto lungo. La comparsa degli adattamenti anatomici e delle tracce culturali si estende su un arco di centinaia di migliaia di anni, in più luoghi e forme. La protolingua si è consolidata come vantaggio evolutivo, partendo da una struttura atomistica: ogni espressione (tendenzialmente parola) era un’unità semantica, senza necessariamente una struttura grammaticale interna, con una funzione comunicativa (magari non unica) di trasmissione di significati, anche con un sistema misto di suoni e gesti. Quando noi sapiens moderni abbiamo cominciato a espanderci ovunque fuori dall’Africa eravamo già parlanti a pieno titolo, con tutte le raffinatezze grammaticali e tutti gli adattamenti biologici necessari alla lingua, sempre più ramificatasi poi nelle migliaia di lingue che si parlano oggi.

Il fisico e linguista svedese Svenker Johansson (1961) nel 1990 ha abbandonato la fisica delle particelle (tesi di dottorato sulla generazione di coppie leptoniche nelle collisioni protoniche in un sincrotone in Svizzera) per dedicarsi al linguaggio e alla comunicazione umana. Oggi sappiamo molto di più sull’origine del linguaggio, anche se il quadro completo è un puzzle al quale mancano ancora tante tessere. L’autore ha preso in considerazione riferimenti scientifici di varie discipline, non solo la linguistica: biologia evolutiva, paleoantropologia, archeologia, primatologia, genetica, anatomia, etologia, neuroscienze, psicologia, evidenziando sempre quali sono le questioni controverse, dentro ciascuna e fra di loro. I titoli della tripartizione narrativa e dei capitoli riassumono l’accidentato percorso. La prima parte è più breve e non storica: riguarda la comprensione e la definizione delle varie componenti del linguaggio umano, ovvero concetti e proprietà di categorie lessicali e fonemi, di grammatiche e semantica; le caratteristiche superficiali e fondamentali della comunicazione (sconfinata espressività, inattendibilità e triadicità, soprattutto) e gli universali linguistici; la comunicazione verbale orale e scritta, concentrandosi giustamente su quella ostensivo-inferenziale. La seconda e la terza parte seguono la storia antichissima di lingua e lingue: le origini delle specie comunicanti (dai primati), ovvero le spiegazioni di Darwin, i ruoli di ereditarietà e ambiente, il cervello (eventualmente) predisposto, la scimmia cooperante; poi l’origine della lingua, ovvero i primi parlanti, il primo argomento di conversazione, l’uomo delle caverne, l’uomo culturale, le prime lingue e le prime parole, gli spunti intorno alla lingua primigenia; offrendo in fondo qualche sua risposta sul tragitto “da scimmie balbettanti” a sapiens parlanti. La bibliografia è limitata all’essenziale rispetto alla multidisciplinarietà, si chiude con le referenze iconografiche per foto e immagini (rare).

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DIZIONARIO CHE CURA LE PAROLE. SECONDO VOLUME

AAVV, Linguistica, Rete italiana di cultura popolare Torino, 2021, Pag. 130 euro 10

 

Italia. 2018-2021. Da quattro anni presso il Fondo Tullio De Mauro di Torino si svolgono incontri su “Il potere delle parole”: giornalisti, studiosi e docenti di varie discipline presentano in una conferenza e poi inviano un breve testo scritto su una singola parola della lingua italiana, sostantivo o verbo, singolare o plurale. Nel 2019 furono raccolte definizioni e riflessioni su 14 lemmi: Biblioteca, Contatti, Coraggio, Cura, Educare, Famiglia, Multiculturalismo. Odio, Plurilinguismo, Politica, Populismi, Razza, Riconnessioni, Verità. A novembre 2021 è uscito il secondo volume, ognuno dei 20 lemmi (quasi tutti nuovi) è stato illustrato anche con un bel disegno a colori: Amore, Comprensione, Comunicazione, Comunità 1, Comunità 2, Cura, Democrazia, Empatia, Esclusione, Fake News, Forza, Giornalismo, Ignoranza, Innovazione, Libertà, Merito, Migrare, Potere, Pubblico, Resistenza. Il grande linguista Tullio De Mauro (Torre Annunziata, 1932 – Roma, 2017) molto rifletté sull’analfabetismo funzionale, che in parte prescinde dal livello di scolarizzazione e dalle classi sociali: circa la metà degli italiani liberamente non legge libri, due terzi non capisce quello che legge (anche sugli organi d’informazione, pure sui social ora), alcuni milioni di italiani hanno una completa incapacità di lettura. Nel 1980 pubblicò una Guida all’uso delle parole che in appendice elencava quasi 5000 parole non fondamentali ma “di base”, tutte insieme minimo comun denominatore da costruire per cittadini che avessero fatto anche le medie inferiori, o usate con maggiore frequenza in un campione di testi italiani scritti (non stanno necessariamente nei nostri pensieri ma stanno nell’uso di tanti nostri concittadini) o legate a oggetti, fatti, esperienze ben noti a tutte le persone adulte nella vita quotidiana (stanno nei nostri pensieri anche se non le utilizziamo quasi mai). Il dizionario di oggi si muove sul solco del maestro.

Il Fondo Tullio De Mauro è nato dalla donazione del linguista e della moglie Silvana Ferreri nel 2011 alla Rete Italiana di cultura popolare e riassume un decennale lavoro di ricerca, comprendendo dizionari e grammatiche dialettali, saggi di linguistica, dialettologia e antropologia, testi letterari di narrativa, poesia dialettale e teatro, raccolte di filastrocche, canti e fiabe, che includono in particolare una significativa presenza bibliografica relativa alle lingue di minoranza. Nel settembre 2017 al patrimonio bibliotecario è stato attribuito lo status di eccezionale interesse culturale da parte della Sovrintendenza ai Beni Archivistici del Piemonte e della Valle d’Aosta, su designazione ministeriale. La Rete italiana di cultura popolare è un’associazione di promozione sociale che ha sviluppato sul campo progetti capaci di ascoltare e di affiancare le comunità locali, a partire dallo studio dei riti e delle feste tradizionali, al modo in cui si costruiscono sentimenti di appartenenza o viceversa di estraneità, alle condizioni e risorse di integrazione e inclusione. La Rete è un laboratorio composto da enti, associazioni, scuole, gruppi e singoli cittadini che partecipano all'ideazione e (re)invenzione di nuove forme di comunità, partendo dai bisogni che emergono dalle narrazioni di chi abita i territori. Fondo e Rete hanno sede a Torino e svolgono iniziative anche in molte altre realtà sociali (https://www.reteitalianaculturapopolare.org/chi-siamo.html). Nell’introduzione al secondo volume del dizionario, la sociologa Chiara Saraceno spiega il viaggio collettivo per prendersi cura delle parole: l’uso appropriato, la consapevolezza delle sfaccettature, le comunicazioni dialoganti di senso fra più parlanti e ascoltanti, i testi presentati come carte di navigazione parziali ed aperte. Fra gli autori Marco Aime, Eva Cantarella, Sabino Cassese, Federica Patti, Bruno Segre.

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TRE MADRI

Francesca Serafini, Giallo, La nave di Teseo, 2021, Pag. 303 euro 18

 

Montezenta (piccolo centro romagnolo). 11 gennaio 2019. La 33enne commissaria Lisa Mancini è chiusa nel suo ufficio a giocare a Candy Crush Soda. Sei anni prima era già in carriera, un quartiere della periferia romana, poi la Mobile e l’Interpol di Lione, da quattro mesi ha improvvisamente avuto il trasferimento. L’agente Codeluppi riceve la chiamata preoccupata di Aimee per la scomparsa figlio 15enne River, di origine inglese, e lei decide di intervenire subito. S’immerge nelle storie, bellezze e miserie delle comunità di un paese come tanti: un ragazzo morto c’è ma non è River che pure non si trova; tornano dal passato (anche suo) ingiustizie e dolori, conflitti e misteri, cattiverie e passioni; tutto accompagnato da una straordinaria colonna sonora, fra De André (“Tre madri”, lo stesso titolo del romanzo) e Thom Yorke con i Radiohead (“Karma police”). Un bell’esordio letterario per Francesca Serafini (Roma, 1971), linguista e ottima sceneggiatrice. Finalista allo Scerbanenco 2021.

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I DUE CASTELLI. NEO, LIBRO DUE

Michel Bussi, Traduzione di Alberto Bracci Testasecca, Fantasy, Edizioni E/O Roma, 2021 (orig. 2021), Pag. 573, euro 18

 

Parigi e Senna. Post Apocalisse. Sono trascorsi 14 anni da quando tutti morirono eccetto alcuni neonati. Avevamo incontrato i sopravvissuti 12enni quando erano diventati ragazzi, in due distinte conflittuali tribù, quella del Tepee sulla Torre Eiffel tappezzata di pelli, pescando nel fiume e cacciando al Bois de Boulogne, autodidatti e onnivori, quella del Castello negli edifici e nelle ricche sale del Louvre, dove avevano trovato i video degli antenati, istruitisi a quel modo e perciò vegetariani. Li ritroviamo ora 14enni e alleati, con il desiderio di scoprire se qualcun altro vive fuori dalla ex metropoli. Il grande scrittore Michel Bussi (Louviers,1965) continua la sagace fantasiosa distopia per adolescenti e curiosi, il secondo volume si chiama “I due castelli”. Le due tribù conoscono lotte interne e nuovi protagonisti nei padiglioni dei Serpenti, delle Scimmie, dei Soldati e nella foresta, sempre con capi e spie, infiltrazioni e tradimenti, amori e turbamenti, amicizie e lotte.

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I DUE CASTELLI. NEO, LIBRO DUE

Michel Bussi, Traduzione di Alberto Bracci Testasecca, Fantasy, Edizioni E/O Roma, 2021 (orig. 2021), Pag. 573, euro 18

 

Parigi e Senna. Post Apocalisse. Sono trascorsi 14 anni da quando tutti morirono eccetto alcuni neonati. Avevamo incontrato i sopravvissuti 12enni quando erano diventati ragazzi, in due distinte conflittuali tribù, quella del Tepee sulla Torre Eiffel tappezzata di pelli, pescando nel fiume e cacciando al Bois de Boulogne, autodidatti e onnivori, quella del Castello negli edifici e nelle ricche sale del Louvre, dove avevano trovato i video degli antenati, istruitisi a quel modo e perciò vegetariani. Li ritroviamo ora 14enni e alleati, con il desiderio di scoprire se qualcun altro vive fuori dalla ex metropoli. Il grande scrittore Michel Bussi (Louviers,1965) continua la sagace fantasiosa distopia per adolescenti e curiosi, il secondo volume si chiama “I due castelli”. Le due tribù conoscono lotte interne e nuovi protagonisti nei padiglioni dei Serpenti, delle Scimmie, dei Soldati e nella foresta, sempre con capi e spie, infiltrazioni e tradimenti, amori e turbamenti, amicizie e lotte.

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