Anno VIII - Numero 1/2022
MATTARELLA: ATTUARE LA COSTITUZIONE,
IMPERATIVO CATEGORICO
di emmequ
La comprensione e l’appropriazione dei grandi valori e dei penetranti significati del discorso di insediamento del Presidente Mattarella non può essere lasciata al solo ascolto televisivo. Tanto meno alle interpretazioni della maggior parte dei commentatori mediatici, soprattutto di coloro che dirigono o esprimono le maggiori testate giornalistiche televisive e social-mediatiche di proprietà di poteri forti non occulti e dominanti. Non diciamo degli aperti dissenzienti ma degli altri: verbosamente consenzienti e plaudenti, in realtà dediti in questi giorni a poderose sforbiciate, a sottolineature di una o due sole parti, a nascondimento di altre, ad evidenti censure.
Il discorso, poiché denso di giudizi moniti e indicazioni prospettiche ed alta lezione giuridica politica e morale, va letto e riletto, studiato, fatto proprio da chi - a quanto risulta una grande maggioranza del popolo e della Nazione -, ha spinto per o ne ha salutato la rielezione. E soprattutto andrebbe assimilato dalle forze politiche, in quanto principali destinatarie di quei giudizi, moniti e indirizzi.
Al contrario di quanto affermato dai suddetti alto-commentatori nell’immediatezza dell’evento, quel discorso non ha avuto al centro soltanto “il valore e la centralità del Parlamento” - che vi è, ma non senza altro che pur riguarda il Parlamento -, e “la dura reprimenda calata sulla magistratura” – che vi è stata, ma non avulsa dal ben sostanzioso contesto. Il discorso – confermativo e programmatico – ha una ben diversa possente e magistrale tessitura: l’attuazione, anzi il ripristino, della Costituzione - “lettera e spirito” - sia per quanto attiene all’assetto istituzionale sia nei suoi contenuti sociali ed umani.
«La lettera e lo spirito della nostra Carta continueranno a essere il punto di riferimento della mia azione»: è questo l’incipit programmatico del messaggio. Questo dunque, dichiara Mattarella, il programma del suo settennato.
Programma naturalmente non di governo, che non è compito del Presidente della Repubblica, ma di forte richiamo alla consapevolezza ed alla responsabilità del Governo, del Parlamento, dei Partiti, del Potere giudiziario, delle Autonomie, di tutte le Istituzioni repubblicane centrali e decentrate, della stessa società civile con i suoi corpi intermedi, e degli stessi uomini e donne che la costituiscono. Consapevolezza e difesa dei diritti e dei ruoli di ciascuno, ma soprattutto consapevolezza dello stato di cose presente, della perdurante lunga crisi della politica (almeno dai tempi di Napolitano e Monti. N.d.r.) e del suo rapporto col popolo sovrano (senza più scettro, anche per sua “mutazione antropologica”. N.d.r.), del distacco come è stato detto del Palazzo dalla società civile, delle iniquità disparità e piaghe che lo mortificano e ne cancellano la dignità. Responsabilità verso la Nazione, verso l’Italia e il suo futuro: e dunque necessità di abbandonare il predominante interesse di parte (dominante anche nella vicenda presidenziale. N.d.r.); e dunque forte richiamo all’esercizio dei doveri democratici, sociali, di cambiamento e rigenerazione, di «profondo processo riformatore», e - per dirla con Gramsci - di riforma intellettuale e morale onde sia sollecitata «anche sul piano etico e culturale – proprio nel momento della difficoltà – quella passione che in tanti modi si esprime nella nostra comunità»; e dunque ancora preciso richiamo a promuovere – e sia il Parlamento a farlo – quella partecipazione popolare così drasticamente decaduta. Per la salvaguardia della democrazia, soprattutto, che è sfida mondiale ed anche, immanente e grave, italiana.
Lo sviluppo del discorso articola poi questo messaggio/programma in richiami; forti critiche al passato e al presente, alle forze politiche, alle istituzioni, alla stessa società civile; chiare indicazioni di processi riformatori e perfino di interventi di lotta democratica…, muovendo come si diceva dai gravi problemi che travagliano e bloccano lo sviluppo della Repubblica – problemi che in realtà sono piaghe economiche sociali culturali e morali. Le risposte che egli indica – ci si soffermi uno per uno sui passi e capitoletti del discorso, e specialmente su quelli che vanno sotto il titolo di DIGNITÀ - sono risposte/indicazioni/dover-essere-e-fare tutte promananti dai dettati della Costituzione.
A partire della riaffermazione complessiva della Costituzione del Quarantotto, che va attuata, e di cui quindi con evidenza Mattarella non prevede quel mutamento istituzionale – presidenzialismo e riassetto dei poteri (ad esempio la eliminazione della separazione e autonomia del potere giudiziario) - chiesto e tentato per venti anni da Berlusconi e invocato da Matteo Salvini in piena fase di ricerca presidenziale.
Facendo poi seguito con la cogente indicazione di programmi, atti, aperte lotte politiche e culturali…, modellati (se si fa comparazione. N.d.r.) con gli articoli fondamentali della carta: dall’Articolo 1 - «L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione –, all’art. 3 con i suoi correlati (da sempre obliterato e violato dal basso e dall’alto. N.d.r.)- «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2, 37 c. 1, 48 c. 1, 51 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 8, 19], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali. È COMPITO DELLA REPUBBLICA RIMUOVERE GLI OSTACOLI DI ORDINE ECONOMICO E SOCIALE, CHE, LIMITANDO DI FATTO LA LIBERTÀ E L'EGUAGLIANZA DEI CITTADINI, IMPEDISCONO IL PIENO SVILUPPO DELLA PERSONA UMANA E L'EFFETTIVA PARTECIPAZIONE DI TUTTI I LAVORATORI ALL'ORGANIZZAZIONE POLITICA, ECONOMICA E SOCIALE DEL PAESE.