Anno VIII - Numero 1/2022
Architetto, designer, docente e scrittore, artista e critico d’arte
ECLETTISMO E MODERNITÀ
GIÒ PONTI: 130 ANNI DI FUTURO
di Alberto Improda
Intervista pubblicata da
Giò Ponti è stato senza dubbio una grande personalità del Novecento. Eppure, la sua figura risulta sempre di straordinaria attualità, il suo pensiero e la sua opera conservano un eccezionale slancio verso il Futuro. Ripercorriamo brevemente i suoi lavori, quelli che hanno cambiato il mondo e il modo di guardarlo.
L’ECLETTISMO DI GIO’ PONTI
Giò Ponti – servizio da caffè Barbara, disegnato per Richard Ginori. Di Riotforlife
Giò Ponti è stato di un eclettismo estremo: architetto e designer, docente e scrittore, artista e critico d’arte. Nel 1928 ha fondato la rivista di design e architettura Domus e fino al 1961 è stato Docente al Politecnico di Milano per il corso di Interni, Arredamento e Decorazione.
Negli Anni Cinquanta ha istituito il Premio Compasso d’Oro e realizzato a Milano il Grattacielo Pirelli. Ha prodotto negli anni vere e proprie icone del Design, come le ceramiche di Richard Ginori, il tavolo D859 di Molteni e la sedia Superleggera di Cassina. La sua ultima opera architettonica italiana, la Concattedrale Gran Madre di Dio a Taranto, del 1970, è ancora oggetto di studio e discussione.
Considerevole e significativa anche la sua attività internazionale: Villa Planchart a Caracas, il Denver Art Museum, l’Istituto Italiano di Cultura a Stoccolma, Villa Nemazee a Teheran, il Palazzo dei Ministeri a Islamabad.
In tutta la sua vasta e varia produzione artistica e professionale, la modernità emerge come una nota costante e accomunante, talmente evidente da risultare la cifra identificativa della sua storia. Una modernità intesa in senso ampio e olistico, tale da indurlo a dire, non senza uno spiccato senso dell’umorismo:
“Modernità non consiste nell’adottare quattro mobili quadrati”.
GIO’ PONTI, UN VISIONARIO DEL DESIGN
Giò Ponti – servizio da caffè Barbara, disegnato per Richard Ginori. Di Riotforlife
L’architetto milanese è stato un vero e proprio precursore dei nostri tempi, un visionario che ha anticipato di decenni dinamiche e tendenze oggi consolidate.
Quello che più impressiona, dal mio personale punto di osservazione, è come Giò Ponti sia approdato già nella seconda metà del secolo scorso a quella che è la concezione attuale del Design.
Oggi il Design ha assunto una straordinaria centralità in qualsiasi ambito della nostra società, ragion per cui si parla di Fashion Design, Web Design, Food Design, Brand Design, Social Design, High Tech Design, Engineering Design, etc. etc.
Il Design Thinking, poi, costituisce quasi una posizione filosofica, una certa concezione della vita, arrivando ad implicare questioni di natura valoriale, tali da riflettere una visione qualificante della realtà.
Ho già descritto il Design contemporaneo, ne Il Design Crisalide:
“quasi un rumore di fondo nelle aziende, una sensazione sottopelle per le strade, un colore di base nelle nostre vite; quasi, addirittura, un’idea della società”.
Francesco Trabucco, più autorevolmente e spiritosamente ha detto che:
“il design è come il sale: preso nella giusta dose, dà sapore e significato alle cose, le rende gradevoli e desiderabili. Proprio come il sale, un pizzico di design sta bene quasi dappertutto, e questo spiega perché il design sia così diffuso, anzi pervasivo e trasversale: design degli oggetti e delle macchine per produrre quegli oggetti, design delle relazioni e delle comunicazioni, design degli ambienti e delle interazioni, design delle strategie e dei servizi”.
LE SFIDE DEL DESIGN CONTEMPORANEO
Grattacielo Pirelli. Foto di Paolo Monti
L’inedita importanza e l’eccezionale pervasività del Design nella società dei nostri giorni trovano spiegazione in una parola chiave: Sostenibilità. La Sostenibilità sta imprimendo ad ogni aspetto della realtà odierna una spinta fortissima verso il cambiamento.
E si tratta di un cambiamento che coinvolge gli aspetti più disparati della società, tanto è vero che la Sostenibilità viene pacificamente declinata su diversi versanti: Ambiente, Economia, Sociale.
La Sostenibilità è dunque la grande sfida del nostro tempo e coinvolge tutti gli ambiti della realtà: richiede una storica inversione di rotta in tema di impatto ambientale, determina la conversione ad un nuovo paradigma economico, implica equilibri politici e sociali del tutto inesplorati.
Ebbene, il Design rappresenta uno strumento di insostituibile utilità per progettare e realizzare un simile profondo e trasversale cambiamento. Ha scritto Giovanna Mancini, in un bell’articolo su Il Sole 24 Ore:
“questo fa il design, inteso nella sua accezione più ampia, come capacità di progetto: affronta una situazione o un problema con una visione d’insieme, in un’ottica di lungo periodo e con un approccio “orizzontale” (che mette in connessione tutti gli elementi di una determinata struttura o fenomeno) anziché “verticale” (ciascuno conosce e fa soltanto il proprio lavoro)”.
E ha detto Ermete Realacci:
“Il Design non è solo bellezza ed estetica, ma anche ingegneria e tecnologia e in questo senso entra di peso nel cambiamento richiesto ad esempio alle filiere industriali per adeguarsi all’economia circolare. Questa trasformazione richiede un cambiamento anche progettuale, in cui il design gioca un ruolo importante, per spostare l’obiettivo di un oggetto dalla sua forma al suo senso – ad esempio allungandone la durata o favorendone il recupero. Senza dimenticare il valore estetico, perché la bellezza è ecologica e l’esperienza italiana, in tutti i settori della manifattura, lo dimostra”.
Molto belle anche le parole di Walter De Silva, nella sua splendida Prefazione a Il Design Crisalide:
“il design è un modello culturale in evoluzione costante. Sviluppa sistemi analogici e digitali, estetici e poetici. Definisce le strategie d’impresa ed è al centro delle decisioni. Rende meno ambigui i prodotti dando un valore aggiunto e ripetuto nel tempo, per un reciproco beneficio tra cittadino/utente e impresa/paese”.
LE OPERE DI GIO’ PONTI COME MANIFESTO DELLE IDEE ODIERNE
Gran Madre di Dio, Taranto. Foto di Alessio Lojk
Come ho già avuto modo di scrivere, “l’Uomo mediante il Design progetta il Futuro, interviene nel Mondo, incide sulla Realtà, vive nella Storia”, perché – insegna Francesco Trabucco – progettare significa confrontarsi con la storia.
Giò Ponti ha anticipato di decenni questo processo culturale: con la sua opera varia ed eclettica ha fornito una testimonianza poderosa del ruolo pervasivo e trasversale svolto dal Design nella società contemporanea.
Dal Grattacielo Pirelli di Milano al Premio Compasso d’Oro, dalla Sedia Superleggera di Cassina al Denver Art Museum, dalle ceramiche di Richard Ginori alla Concattedrale Gran Madre di Dio a Taranto, in tutto quello che ha teorizzato e compiuto Giò Ponti si può leggere il manifesto programmatico di ciò che il Design è divenuto oggi.
La sua architettura parla con quasi un secolo di anticipo di Sostenibilità: già negli Anni Trenta le sue domus milanesi prevedevano terrazzi e balconi dotati di fioriere di originali forme e dimensioni, affinchè piante e fiori prendessero il sopravvento sulle facciate; nelle sue opere tropicali non vengono previsti i condizionatori d’aria. Propose una espansione urbanistica di Milano verso l’area di San Siro, con l’idea di quartieri disposti come un fiume verde. Nel complesso degli uffici Savoia, fece ruotare i corpi fabbrica intorno a un grande giardino, il bosco lombardo, indicando la direzione di uno sviluppo cittadino che includesse il verde come suo elemento organico.
Ha detto:
“Inseguo il sogno di una casa vivente, versatile, silente, che s’adatti continuamente alla versatilità della nostra vita, anzi la incoraggi, con cento risorse che noi architetti insegneremo, arricchendola, con pareti e mobili leggeri; una casa variabile, simultaneamente piena di ricordi, di speranze e di coraggiose accettazioni, una casa “per viverla” nella fortuna e anche nelle malinconie, con quel che ha di immobile e fedele, e con quel che ha di variabile ed aperto ed aprendone le finestre finché v’entrino nel loro giro, sole e luna e l ‘altre stelle, e tutto è movimento, chi scende e chi sale nel mistero della crescita, e chissà cosa vedrà”.
L’opera e il pensiero di Giò Ponti non hanno perso nulla della propria spinta propulsiva: continuano a fornirci insegnamenti preziosi e a indicarci la strada verso il Domani.
Un domani dove l’Uomo possa vivere in armonia con la Natura e con i suoi Simili, senza mai perdere di vista gli ideali della Cultura e della Bellezza, perché non è il cemento, non è il legno, non è la pietra, non è l’acciaio, non è il vetro l’elemento più resistente. Il materiale più resistente nell’edilizia è l’arte.
IL PARADIGMA DI UN NUOVO MONDO
Palazzo Montecatini, Milano. Foto di Arbalete
Viene per molti versi istintivo associare Giò Ponti, pragmatico visionario e lucido precursore dei tempi, ad un’altra grande figura del nostro Novecento: Adriano Olivetti. L’Ingegnere di Biella, come l’Architetto di Milano, rappresenta un luminoso punto di riferimento per coloro che guardano con fiducia al Futuro del nostro Paese.
Ha scritto Giorgio Soavi:
“La grande fabbrica Olivetti di vetro e cemento era l’impressione visiva, tangibile del fatto che il nostro Paese, sia pure soltanto nel Canavese, aveva già un aspetto magico”.
Questo sguardo aperto e pieno di Speranza verso il Domani risalta con particolare evidenza già dal battesimo della rivista Comunità, nel 1946, in un momento storico che concedeva davvero poco spazio all’ottimismo.
Il numero si apre con un editoriale di Ignazio Silone dal significativo titolo Il Mondo che nasce, seguito da un fondo redazionale, di chiara ispirazione olivettiana, nel quale si legge:
“veder nuovo significa vedere un mondo umano, un mondo fondato su leggi naturali, su leggi che siano eterne e siccome eterne diano vita a una società ove alberghi la quiete e risplenda la bellezza”.
Ecco, l’eredità più attuale di Giò Ponti probabilmente sta proprio in un convinto messaggio di Fiducia e di Speranza, nel Futuro e nell’Italia. Perché il nostro Paese non può non essere protagonista di questo nuovo mondo che nasce, per citare ancora Adriano Olivetti.
Un mondo che poggia sul paradigma della Sostenibilità e che dunque tende ad un più sano rapporto con la Natura, ad una Economia improntata a principi di equità e solidarietà, ad una Società con minori ingiustizie e disuguaglianze.
Le parole di Giò Ponti ci trasmettono con chiarezza il significato ultimo della sua opera, così trasversale e coinvolgente:
“Inseguo l’immagine di una nuova società umana; questa immagine non è un miraggio irraggiungibile, e sta a noi sognarla per raggiungerla perché nessuna cosa si è avverata che non fosse dianzi sognata”.