Anno VIII - Numero 1/2022
SERGE LATOUCHE: "ECCO CHE COSA
CI HA INSEGNATO LA PANDEMIA"
di Eleonora Lombardo
Se ambire a una “decrescita felice” è troppo, pensare di smettere di crescere serenamente è necessario. A oltre 15 anni dalla pubblicazione del libro Breve trattato della decrescita serena, il filosofo, antropologo ed economista Serge Latouche, in Sicilia per ricevere la cittadinanza onoraria di Giardini Naxos nell’ambito del Festival Naxoslegge, parla dell’occasione mancata della pandemia per iniziare il processo di transizione verso una società più equa e sostenibile, di quanto sia difficile disintossicarsi dalla dipendenza da consumo e di come la tecnologia possa essere usata al servizio della decrescita. E chiarisce «Non ho mai usato la parola decrescita felice, tutti me la attribuiscono. La felicità è una cosa molto complessa e il processo di decrescita all’inizio difficile, ma porterebbe tutti a vivere meglio»
Con la pandemia e il lockdown il mondo intero si è fermato, che lezione ne abbiamo tratto?
"Il messaggio è stato ambiguo, da una parte molte persone si sono accorte che era possibile vivere meglio con meno, nello stesso tempo le circostanze erano quelle di un’imposizione, dolorosa e difficile, e non di una scelta. La lezione per alcuni è stata capire la necessità di uscire dalla società della crescita, di cambiare il paradigma, per molti altri c’è l’aspirazione a tornare alla vita come prima, “business as usual”, soprattutto da parte dei governi che non hanno approfittato di questa esperienza, ma hanno iniziato subito la corsa a tornare all’economia tradizionale".
Che cosa si poteva fare e non è stato fatto?
"Era un’opportunità eccezionale perché sono state cambiate le regole finanziarie di Bruxelles, c’è stata la possibilità di mobilitare una massa gigantesca di crediti e c’era la possibilità di pianificare la transizione energetica, limitare sempre di più la necessità dell’energia fossile, sviluppare le energia rinnovabili, limitare l’industria della macchina a favore del trasporto pubblico, limitare drasticamente lo spazio aereo. Invece, la maggior parte di questi crediti, almeno in Francia, sono usati per rilanciare l’economia come era prima senza tenere conto dell’esperienza"
L’esperienza della pandemia ci ha messo di fronte a un nuovo uso della tecnologia. C’è spazio per una “buona tecnologia” nel processo di decrescita?
"La tecnologia in sé non è né buona né cattiva, solo che dobbiamo rovesciare i termini. Non è la tecnologia che deve decidere, è la società. Se cambiamo i valori sui quali fondiamo la società, se usciamo da un sistema dominato dall’economia che impone di produrre e consumare sempre di più con la concorrenza, se cominciamo a contemplare più cooperazione e altruismo, più rispetto della natura, allora troveremo le tecnologie adatte al progetto".
C’è ancora margine d’azione perché le buone pratiche individuali abbiamo effetto rilevante o davanti alla catastrofe servono scelte radicali dei governi?
"Sono ottimista e penso che c’è sempre un posto per l’agire individuale anche se dobbiamo prendere coscienza del fatto che siamo manipolati, che il nostro immaginario è colonizzato non tanto dai governi, ma dal potere reale ovvero dalle imprese transnazionali. È difficile decolonizzare l’immaginario, ma l’uomo ha la capacità di dire no e resistere".
Quale Paese sta andando nella giusta direzione e può essere un modello?
"Purtroppo, non c’è un Paese modello, virtuoso, forse non esisterà mai, ci sono esperienze interessanti a livello più piccolo, come in Inghilterra e ora in giro per l’Europa, alcune città in transizione che si impegnano per andare verso una società di decrescita. L’esperienza per me più interessante e più rivoluzionaria resta quella dei neo-zapatisti nel Chapas con la creazione dei Caracoles, le lumache simbolo di decrescita. Sono zone liberate nel 1994 dal sub comandante Marcos, esempi di democrazia diretta e di rispetto della natura".
Cosa ha imparato lei personalmente dall’esperienza della pandemia?
"Mi ha colpito molto la facilità con la quale il popolo ha accettato delle cose incredibili, da un giorno all’altro non ci abbracciamo più, non ci prendiamo la mano, la socialità è quasi interrotta. La gente ha accettato tutto. Questo vuol dire che l’uomo ha una capacità di adattarsi incredibile. La cosa buona è che potremmo adattarci a una società di non crescita, di frugalità, ma con la stessa facilità potremmo adattarci con altrettanta facilità a un eco-fascismo, come in 2022: i sopravvissuti, il film di Richard Fleischer degli Anni Settanta".