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Per la Critica

BENVENUTI IN ROSSILANDIA

di Francesco Muzzioli

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Nel centenario della nascita di Ferruccio Rossi-Landi si è tenuto online un convegno di tre giorni, il 25-26-27 ottobre. Il convegno è stato organizzato da Giorgio Borrelli (autore tra l’altro di una recente monografia: Ferruccio Rossi-Landi. Semiotica, economia e pratica sociale) ed è stato condotto e animato da due esperti in materia – da tempo al lavoro su questa figura – come Augusto Ponzio e Susan Petrilli.

Il titolo: Linguaggio, economia, performatività. Conferenza internazionale per il centenario della nascita di Ferruccio Rossi-Landi (1921-2021). Dunque un convegno interdisciplinare con partecipazioni straniere. Il fatto che attorno a Rossi-Landi si sia riunita una trentina di relatori dimostra che c’è volontà d’intervento su questi terreni ormai poco battuti (semiotica, marxismo e via dicendo); e che Rossi-Landi può essere il profilo giusto a far da perno e a catalizzare tutta una serie di discorsi altrimenti dispersi e non dialoganti fra di loro. Oltre, anche, alla riprova dell’attualità di un pensatore che consente di spiegare la stretta connessione tra produzione e comunicazione, oggi sotto gli occhi di tutti.

Già di suo, l’incrocio tra semiotica e economia (le merci come messaggi e i messaggi come merci) opera sui due versanti una sorta di chiasma e di straniamento reciproco. Sul lato della semiotica, evita di cadere in universali antropologici o in strutture statiche (e la relazione di Cosimo Caputo ha provveduto a collocare Rossi-Landi negli sviluppi più positivi della semiotica in Italia, a confronto con gli Eco, i Garroni, i Fabbri, i De Mauro). Dall’altro lato, quello dell’analisi materialista dell’economia, si apre ovviamente il confronto con Marx e le nozioni del valore, del feticismo delle merci, dell’ideologia come falsa coscienza – e vari interventi hanno offerto utili puntualizzazioni su tale rapporto. Proprio in questo ambito il contributo di Rossi-Landi si dimostra valido per sbloccare le rigidità del marxismo novecentesco, in particolare per avviare il definitivo superamento della distinzione e disposizione gerarchica di base materiale e sovrastruttura. Invece di essere trattati come epifenomeni derivati, sostanzialmente “immateriali”, i sistemi segnici trovano un posizionamento centrale: assunta la triade produzione/scambio/consumo, i segni – secondo Rossi-Landi – intervengono necessariamente e massicciamente nello scambio; quindi sono sì secondari, ma allo stesso tempo “nodali”, perché vanno ad occupare un punto nevralgico del processo e sono perciò decisivi in quanto mediazione essenziale. Che si trovino dentro l’economia, consolida l’idea di un avanzamento pervasivo della mercificazione cui non sfuggono nemmeno i prodotti intellettuali e sedicenti spirituali, con il corollario che anche la letteratura e perfino la poesia possano essere osservate in qualità di fattori “produttivi”.

 

         

 

Che poi il parallelismo tra produzione di oggetti/corpi e l’elaborazione linguistica (l’omologia del produrre, dice Rossi-Landi) non possa essere tanto stretto e meccanico è uno dei punti in cui si è maggiormente soffermato il dibattito del convegno. A mio parere, fermo restando che la consapevolezza dell’artefatto è salutare per evitare le derive estetizzanti, tuttavia è meglio non impiccare Rossi-Landi all’omologia. Basterà accogliere dal suo pensiero la sua nozione più duttile e comprensiva: la “riproduzione sociale”. Infatti l’intreccio di produzione e comunicazione conduce a specificare questo aspetto generale:

 

La riproduzione sociale è la categoria fondamentale, o meglio la matrice di tutte le categorie possibili, il principio sia reale sia metodologico di tutte le cose. Solo che tale principio non è una mera parte della realtà oggettivata, co­me l’acqua per Talete; e nemmeno è la realtà tutta intera ridotta a natura, come in ogni forma di naturalismo; oppure qualcosa che trascenderebbe una volta per tutte la natura, come in ogni forma di spiritualismo o idealismo. Il “princi­pio” è la realtà stessa quale somma di fattori naturali e fat­tori storici: una “somma” che l’uomo è andato componen­do via via che produceva e riproduceva se stesso in forme sempre più complicate e sempre più consapevoli. Diventa perfino ovvio, che tale somma sia soggetta a incessante cangiamento nel tempo e nello spazio. Non solo l’incessan­te cangiamento sta sotto gli occhi di tutti; la sua negazione è inconcepibile in linea di principio. Sono dunque le forze reali che in ogni dato caso determinano il processo della riproduzione sociale quale somma di fattori naturali e storici, quelle che debbono interessarci di più. È da tali forze che le varie ideologie scaturiscono.

cit. id.101

 

All’interno della riproduzione sociale potrebbero essere funzionali anche eventuali differenze di sviluppo e di articolazione tra settori e componenti.

 

          

 

Il brano che ho citato qui sopra è tratto del grosso volume Ideologia e non a caso si conclude proprio additando l’ideologia come strumento principe della riproduzione sociale. Ecco un punto su cui la riflessione rossilandiana risulta tuttora importante. Infatti, il termine ideologia oggi è usato esclusivamente nel senso negativo di “idea fissa” ed è stato generalmente sostituito dal termine cultura, slegato da questioni di potere e dominio e sostanzialmente insindacabile (di cultura, ognuno ha la sua ed è scorretto andarci a mettere il naso a criticare). Nello stesso tempo, risulta evidente che la concezione dell’ideologia come visione sistematica del mondo ha fatto il suo tempo e occorre aggiornarla per tenere il passo con l’immaginario collettivo (o l’inconscio politico, per seguire il Jameson migliore). Ora, Rossi-Landi, in un’epoca di marxismo ancora piuttosto ingessato, ha lavorato sull’ideologia offrendone una visuale assai complessa e multipla, ad esempio individuando forme di entificazione (dotare gli oggetti sociali di autonomia ontologica), cosificazione (che annulla l’«esser prodotto dell’oggetto»), centrismi (quando è data importanza a un elemento a discapito di altri che vengono marginalizzati), separatismi (rendere incomunicanti gli ambiti, ad esempio letteratura e economia), ecc.

Nel suo variegato complesso, l’ideologia è uno straordinario collante di disparati interessi:

 

I tre momenti [produzione/scambio/consumo], si noti bene, non riguardano soltanto i cosiddetti beni materiali, quelli destinati al sostentamento fisiologico dell’individuo; bensì anche i beni cosiddetti culturali e spirituali, non immediatamente materiali, come il linguaggio e gli altri istituti sociali d’ogni genere, i sistemi di valori, la distribuzione e organizzazione degli individui dentro al sistema sociale. Tutto viene continuamente prodotto, scambiato, consumato. Anche le ideologie; (…). Ancor più interessante di questo ri­chiamo sembra la constatazione che i due livelli del circolo produzione-scambio-consumo, quello della distinzione e quello della soggiacente unità, si addicono perfettamente all’ideologia. Chi produce un’ideologia non la sta, in quel momento, scambiando né consumando; e così via per tutti i momenti. Tuttavia, in un senso più fondamentale, il con­sumo di ideologie ne alimenta produzione e scambio, lo scambio di ideologie ne alimenta la produzione e il consu­mo, la produzione di ideologie ne alimenta il consumo e la circolazione. Ciò vale sia al livello sociale, dove un gruppo al potere non può accontentarsi di produrre un’ideologia né di farla circolare una volta prodotta (infatti, deve anche farla consumare), sia al livello individuale e perfino dentro ai vari strati della psiche di ognuno.

 

(Sempre dal volume sopra citato). In vari interventi del convegno la teoria rossilandiana è parsa utile e applicabile a proposito dell’industria culturale, del cinema, della fiction, dell’immagine. In molti di questi casi, l’investimento economico è, per così dire, evidente. Ma, grazie alla nozione di ideologia come formazione e diffusione di valori saremmo in grado di indagare non solo la valenza immediatamente utilitaria, ma anche la plasmazione psichica o (come oggi si usa dire, senza calcolarne adeguatamente le conseguenze) l’incorporazione. Rossi-Landi parla di una vera e propria «interiorizzazione della società», attraverso la quale si riproduce il soggetto (passivo) della produzione e del consumo, compreso l’“operaio del capitale linguistico”. Rossi-Landi sottolinea sempre, nei termini dell’“alienazione linguistica” che noi quando parliamo facciamo cose che non sappiamo di fare. Soprattutto nel caso dei comportamenti, cioè dei sistemi segnici non verbali, nei quali eseguiamo in realtà dei “programmi” di natura sociale. Portare i programmi alla coscienza è già un passo fuori dell’alienazione ed è un atto eminentemente critico.

È possibile, senza dubbio, che anche la ripresa di Rossi-Landi assomigli a certe riletture recenti di Marx, cioè ne venga utilizzata la portata descrittiva espungendone l’istanza politica. Anche perché la politica non riceve un posto particolare nell’architettura rossilandiana di settori o fasi, per la semplice ragione che è dappertutto, «Il fondamento delle cose è politico» sostiene il nostro autore. Quello che sembrerebbe un sistema senza sbocchi (parliamo e inevitabilmente incrementiamo il capitale linguistico, agiamo e mettiamo in atto programmazioni sociali, pensiamo e siamo dentro una qualche ideologia; oltre che, ovviamente, per sopravvivere lavoriamo e facciamo girare il denaro), è malgrado tutto passibile di cambiamento. E la molla dell’alternativa potenziale sta proprio nel mezzo, nelle ideologie, dove Rossi-Landi individua una opposizione “forte” tra ideologie conservatrici e reazionarie rivolte al passato, e ideologie progressiste (ma Rossi-Landi parla, piuttosto che di progresso, di “pensiero rivoluzionario”) rivolte al futuro. Al posto della programmazione si fa strada la progettazione di una diversa riproduzione sociale. Tra l’altro, tra le pratiche che danno modo di superare «un determinismo troppo rigido e da ultimo disperato», vengono indicate le arti – anche se questo spunto sarebbe ancora tutto da sviluppare nella prospettiva di una “produzione” di dissenso.

E l’alternativa non promette in Rossi-Landi nessun lauto compenso, bensì un faticoso pluslavoro:

 

Se vogliamo cambiare le cose, dobbiamo dunque eroga­re non solo tutto il lavoro necessario a controbattere il la­voro erogato con tanti vantaggi dalle ideologie conservatri­ci, il che è comunque necessario per evitare che esse si rafforzino in uno spazio da noi lasciato vacante. Dobbiamo anche erogare un lavoro aggiuntivo mirante alla costruzio­ne del nuovo.

 

L’eredità di Rossi-Landi sta dunque in questo compito enorme. C’è da lavorare, come ha dimostrato il convegno e speriamo in nuovi appuntamenti, svincolati dalla ricorrenza dell’anniversario e magari in presenza. L’attualità dell’autore è stata sottolineata da tutti; ma si tratta di una attualità “intempestiva”, come ha indicato Andrea D’Urso nell’ultima relazione. Troppo avanti ai suoi tempi e oggi ancora in controtempo, Rossi-Landi rimane un autore considerevolmente complesso e decisamente scomodo.

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