Anno VIII - Numero 1/2022
di Natalia Anzalone
LA RIVOLUZIONE (IN)SOSTENIBILE
di Ugo Della Seta
Tutti parlano di Sostenibilità.
Ovunque si parla di Sostenibilità.
Il nuovo paradigma economico? La Sostenibilità!
La nuova piattaforma politica? La Sostenibilità!
Il nuovo parametro etico? La Sostenibilità!
Si discute di Sostenibilità Ambientale: una folla di politici e professionisti, di giornalisti e studiosi, di consulenti ed esperti, si contende il palcoscenico, si litiga il microfono, si accapiglia per prendere la parola.
Si discute di Sostenibilità Economica: stessa scena …
Si discute di Sostenibilità Sociale: all’improvviso la folla si dilegua, il palcoscenico è deserto, il microfono sembra scottare, l’eloquio diventa evasivo e balbuziente.
Perché il tema della Sostenibilità Sociale fa questo effetto?
Perché il tema della Sostenibilità Sociale spaventa tanto?
E’ presto detto.
Perché affrontare realmente l’argomento porterebbe ad utilizzare una parola innominabile, tanto scandalosa quanto spaventevole, tanto desueta quanto imbarazzante: la parola RIVOLUZIONE.
Cerchiamo di capire di cosa si tratta, quando parliamo di Sostenibilità Sociale, perché non esiste una definizione ufficiale e codificata del concetto.
Ci viene in soccorso l’Agenda 2030 dell’ONU per lo Sviluppo Sostenibile, che esplicita “obiettivi universali, ambiziosi, globali, indivisibili e interconnessi, mirati a sradicare la povertà, combattere le disuguaglianze e le discriminazioni crescenti, promuovere la prosperità, sostenibilità, responsabilità ambientale, inclusione sociale, uguaglianza di genere e rispetto per i diritti umani, garantendo la coesione economica, sociale e territoriale e rafforzando la pace e la sicurezza”.
Quindi Sostenibilità Sociale significa principio di equità, eliminazione delle povertà, lotta alle sperequazioni, soppressione delle discriminazioni, annullamento delle ingiustizie.
Come è possibile conciliare questi elementi con le caratteristiche del modello economico e sociale della società nella quale viviamo?
La risposta è semplice: non è possibile.
Se veramente si vuole perseguire l’obiettivo di una effettiva Sostenibilità Sociale, si è costretti a immaginare un assetto economico-sociale radicalmente diverso da quello attuale: in altri termini, ed eccoci alle prese con la terrificante parola, siamo obbligati a ragionare di un’autentica RIVOLUZIONE.
Descrivere i contenuti di questa RIVOLUZIONE, che ci si augura pacifica e condivisa, non è cosa di questi giorni o per le nostre generazioni: la Società del Futuro sarà creata dalle generazioni che verranno, per le quali l’armamentario politico e culturale del Novecento sarà soltanto un vago ricordo.
Noi, qui e adesso, possiamo soltanto cercare dare un avvio al processo di cambiamento, innanzitutto iniziando a discutere anche degli argomenti più scabrosi, cominciando a dire che per una vera Sostenibilità Sociale si dovrà innovare in profondità, sdoganando finalmente la parola RIVOLUZIONE.
Se non partiamo da queste consapevolezze, ogni discussione sulla Sostenibilità Sociale diventa un mero esercizio retorico, inutile e autoreferenziale.
Oggi, dopo avere ascoltato qualche dibattito sul tema, si avverte immancabilmente quel senso di vacuità magistralmente descritto dall’eterno Hank: “Riportammo le seggiole di sopra. La rivoluzione era finita” (Underground, Charles Bukowski).