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Per la Critica

PRESENTAZIONE AL FLA FESTIVAL DI LIBRI E ALTRE COSE:

“LA CORSA RAGAZZINA”

di Natalia Anzalone

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Ho pubblicato La corsa ragazzina il 4 marzo 2021. La data è stata un caso? Forse no, tant’è che quando l’ho vista avvicinarsi l’ho afferrata al volo senza aspettare l’editore con il quale stavo per pubblicare il romanzo, che ho quindi auto-pubblicato.

Non l’ho pubblicizzato subito, le prime presentazioni le ho fatte al telefono agli amici. Poi nei tre mesi estivi ho avuto più tempo per presentarlo a conoscenti ed anche a persone appena conosciute, in spiaggia ad esempio, e l’ho fatto per forza di cose in un modo estremamente sintetico: dicevo che La corsa ragazzina è un romanzo autobiografico, ambientato a Venezia, nel periodo in cui ho svolto nella città lagunare il Dottorato di ricerca, e che vi si narra una storia d’amore con un nobile veneziano.

Aggiungevo che all’interno del libro ci sono delle riflessioni sull’arte, l’architettura, il cinema, la musica, la letteratura; c’è un breve capitolo, dedicato a Peter Handke, il mio più importante riferimento letterario da anni.

Motivavo la presenza di questi detour concettuali dicendo che in buona parte essi attengono alla ricerca di Dottorato, che procede parallela alla storia d’amore, una ricerca sulla dominanza del pensiero visivo prospettico nella cultura occidentale a partire dalla Modernità e che le avanguardie storiche dei primi del Novecento hanno tentato in tutti modi di rompere, rottura del quadro, rottura delle armonie, in tutti gli ambiti artistici.

Aggiungo ora che quella ricerca, per certi versi, si è riflessa sulla storia d’amore, una storia d’amore infatti immediatamente liberata dalle classiche catene dell’amore.

Precisavo poi che ci sono nel testo anche altri passi in corsivo, a inizio o fine capitolo o all’interno di un periodo, che sono stati scritti proprio all’epoca in cui ho vissuto quei magici momenti.

Non mancavo di dire ovviamente che la prima parte del romanzo, nella sua versione inedita, ha ricevuto dei riconoscimenti letterari: Premio Salinger, Premio Montefiore e una preziosa scheda di lettura dal Premio Calvino, la quale ne ha messo in evidenza la preziosità linguistica, definendolo un romanzo lirico-poetico, quasi una poesia in prosa, ma allo stesso tempo sospeso, non finito, tale da sembrare “una sorta di istantanea: la fotografia di un incontro e del tumulto emotivo che ha generato”. Effettivamente non era finito e questi prestigiosi apprezzamenti mi hanno incoraggiato a finirlo e a pubblicarlo. In qualche modo l’ho saggiato; la spedizione ai premi voleva essere più un banco di prova che altro.

Questa è stata fino ad ora la mia presentazione veloce per invitare all’acquisto. E in effetti sono riuscita a vendere quest’estate ben 500 copie, fra Amazon, librerie locali e personalmente, e a ottenere soprattutto molte recensioni o impressioni per mail da parte dei lettori, tutte molto belle e toccanti, veramente emozionanti. E questo è accaduto perché a un certo punto ho escogitato la maniera di avere un feedback, lasciando il mio indirizzo di posta elettronica all’interno del libro e invitando a voce ciascun futuro lettore a darmi, a fine lettura, un piccolo riscontro, purché sincerissimo, questo lo precisavo sempre.

Qualcuno forse si chiederà come ho potuto, a pubblicazione avvenuta, apportare modifiche al contenuto del libro, come ad esempio inserire un’e-mail. Ciò è possibile perché La corsa ragazzina è un’opera aperta, modificabile in qualsiasi momento, tanto che di essa ci sono in giro versioni leggermente differenti, anche nei colori di copertina, che rendono quasi unica la copia che si possiede.

In merito a ciò devo dire che è recentissima e graditissima la recensione sulla Enciclopedia Treccani, da parte di Gualberto Alvino, cosa che mi ha assolutamente meravigliata e piacevolmente sorpresa, in cui si mette in evidenza come dato di pregio l’artigianalità a tutto tondo dell’opera, si dice infatti sulla Treccani Lingua Italiana dell’11 ottobre 2021:

“Di questo romanzo colpisce e alletta a prima giunta — oltre alla dovizia lessicale e al mirabile governo della cosa sintattica — la piena artigianalità: l’Autrice ne è editrice, distributrice e curatrice della veste grafica […] Terza persona, indicativo presente, narratore onnisciente, il romanzo alberga prose liriche e notevoli brani saggistici, specie di critica d’arte, resi in una lingua impreziosita di cultismi”.

Quella di oggi, quindi, è la primissima presentazione pubblica del romanzo, e sono molto contenta di farla qui in questo stupendo festival della nostra città, il FLA.

Ebbene adesso posso dire innanzitutto, avendo più tempo a disposizione, che non è esattamente un romanzo autobiografico, perché non abbraccia l’intera vita della sua autrice, anche se ella a volte divaga, volgendosi ad altri ricordi, precedenti, o a stati successivi della sua vita.

La corsa ragazzina è essenzialmente l’esposizione di un’emozione, dovuta anche al particolare stato di allerta dei protagonisti, Nancy e Andrea, che non potevano che dar luogo a una memoria emozionata.

Mi piace quindi ora definirlo un memoir incastonato tra le acque i legni e le pietre di Venezia agli sgoccioli del ventesimo secolo, un ricordo emozionato di un tratto di vita, che si è configurato subito come una letteratura.

Come dicevo prima i passi in prosa poetica sono stati composti proprio allora, perché Nancy si è subito accorta che quel che stava vivendo era un romanzo, un film, una “storia fatata”, come dice la prefatrice Maria Rosato, “scritta con linguaggio poetico essenziale che ne avvalora l’eccezionalità.”

E tal proposito, Giancarlo Giuliani scrive nella sua recensione su Tabula prima qualcosa di molto interessante sugli inserti in corsivo: “Si tratta di prosa poetica nel senso più vero, le emozioni si cristallizzano in espressioni preziose, di gusto raffinato; leggendoli tutti di seguito, ci si trova di fronte a un altro libro, frammenti della storia di un’anima.”

La Professoressa Cinciripini, affascinata anch’ella da questi interludi, evidenzia quanto il testo sia stato sapientemente ricamato su più livelli. “Un filo d'organza trasparente tesse le trame su più orditi: la storia d’amore incalza il cuore come un fiume in piena, intanto che il lettore è inondato qua e là di fiamme e strali. Sparsi fra i luoghi e l'amore, le attese e i ritorni, ci sono infatti degli inserti luccicanti, dei gioielli in corsivo sull’arte, l’architettura, la musica, il cinema, il vino, le sacre soglie, i livelli del sentire, pura acqua che disseta la mente.”

Del resto gli studi che Nancy sta svolgendo in quegli anni sullo spazio avvolgente cosparso di cose, che è quello terrestre, dove pare che ogni scorcio dove l’occhio si infila porti con sé delle voglie di fuga, e sullo sguardo in movimento, che riposa tra elisioni e pregnanze, quelle che, grazie all’indugio dell’occhio che si posa, chiamano le cose sparse a una adunanza, e fanno sì che qualcosa fatalmente si compia, si rispecchiano in quella storia d’amore fatata, cioè voluta dal fato, date le tante coincidenze apparentemente avverse (che Nancy stessa non sa spiegarsi), ma tutte invece orientate al compimento di quell’amore dai contorni di fiaba, perché fuori dal comune, con un nobile veneziano, più giovane e di bellissima presenza, e con il quale ella entra in un vortice che pare la voglia di un altro spazio: un ultraspazio, che Venezia avvalora.

Brani tratti dal romanzo, letti dalla fantastica attrice Alessandra Diodoro:

 

“In cuor suo Nancy davvero non osa chiedere di più, ha contezza della rarità di ciò che le sta accadendo lì, a Venezia tra l’altro, e usa tutte le accortezze per non far danni. Tratta ogni momento insieme ad Andrea con il massimo riguardo. [...] Perché mai rompere quell’equilibrio con le banali richieste dell’amore unico, geloso ed esclusivo?” (pag. 18)

 

“Nancy lo ama; ma lo ama così, senza volerlo possedere. Sì, lo ama con la stessa tacita regola che si sono dati i protagonisti del film, che non intendono sapere nulla di quello che fanno quando non sono insieme, chi incontrano, chi amano, perché a loro non serve.” (pagg. 18-19)

 

“Il film lo andrà a vedere ovviamente; e, in effetti, nota che il titolo, in francese eccessivo e in italiano anodino, non è consono a quella relazione indefinibile. Nancy non ha mai pensato come sia la loro, ma che abbia qualcosa di surreale lo avverte, il cielo che si apre ogni qualvolta sta per incontrarlo sente.” (pag. 18)

 

“Il contegno di Andrea, dalle movenze mute definite, è sussurrìo di vento tra le foglie, per l’anima trasognante di Nancy, che suspica d’essere in un eccesso di realtà lì; è primavera. Incantatamente, si abbandona al murmure delle acque nitido di luna, che sale dal canale e s’insinua fra le bifore di marmo della casa nobiliare. È nell’ultima stanza a sinistra che apre le imposte su Calle Crosera a Venezia; e il conte, poco meno che trentenne, è travolgente. La fa salire su per lo scalone, senza far rumore, a sera inoltrata, fino al piano nobile. Una volta raggiunte le stanze sue appartate, senza chiavi alle porte, nessuno verrà a disturbare l’intesa e il riposo, anche in tarda mattinata, quando con altrettanta disinvolta cautela, ne usciranno, per gettarsi in strada.” (pag. 11)

           

Come le ance del mantice di una fisarmonica, Nancy e Andrea corrono l’uno incontro all’altra e l’una dall’altro sgusciano via. Preferiscono sottrarsi, volar via, sfarfalleggiare, volare ancora, perché hanno un entusiasmo bambino. E questa fanciullezza l’hanno notata in tanti: Massimo Pamio mi ha detto al telefono “è un romanzo molto giovane, fresco, non me lo aspettavo così” e la Prof.ssa Savini “Ha una freschezza, un profumo di amore giovane, improvviso e intensissimo che conquista il lettore, lo affascina e sembra trascinarlo attraverso le calli veneziane dove tutto è incanto. La scrittura è dolcissima.”

E forse è proprio per questo suo scorrere come un fiume che diverse persone mi hanno detto di averlo letto tutto d’un fiato: il prof. Bonicalzi, che cito nel romanzo, lo ha letto senza interruzioni; un amico veneziano che non nomino ma che è presente in più di un episodio che nel libro racconto, mi ha detto di averlo letto tutto in una notte; una collega che non aveva intenzione di leggerlo subito, ma solo di dargli occhiata, è stata risucchiata, nonostante gli impegni familiari.

D’altra parte però credo che tale scorrevolezza sia dovuta anche al fatto che io scrivo letteralmente con la voce, sia che si tratti di un articolo d’arte o ecosofia in prosa poetica, di una poesia o di un romanzo io rileggo sempre tutto daccapo ad alta voce prima di aggiungere del nuovo, nuove frasi o anche solo una parola. E a ogni rilettura asciugo, tolgo parole, ricompatto il testo.

I capitoli del romanzo difatti sono brevissimi, quasi delle istantanee e il ritmo è cinematografico, come mi è stato detto da alcuni lettori appassionati di cinema.

La corsa ragazzina riletta attraverso gli occhi e il cuore dei suoi lettori:

 

“Ho letto in una notte questo bellissimo romanzo, scritto con grande raffinatezza e la capacità - non comune - di descrivere Venezia evitando i normali e stravisti luoghi comuni che solitamente pervadono chi cerca di descrivere l’unicità della città. Non saprei come descrivere questo libro, un romanzo, un trattato di architettura, un diario; scritto in maniera intima, ma allo stesso tempo corale, quando racconta di aggregazioni sociali di giovani “festaioli”, così leggermente votati alla vita.”

 

“Mi ha emozionato molto e mi è piaciuto molto il modo di scrivere. Molto poetico, ricco di rimandi letterari, cinematografici e architettonici interessanti. Uno sguardo allargato su un'epoca non troppo lontana, con riferimenti puntuali e veritieri, tanto da farmi sentire direttamente sul posto e vivere e immaginare le ambientazioni descritte con grazia ed eleganza.

E poi la storia d’amore… di magnetica passione e profondo tormento interiore.

L'ho sentita così mia…. Mi sono immersa nelle pagine, dove ho trovato racconti e descrizioni di stati d'animo che sono anche i miei, esattamente così, come li racconta l’autrice. E mi sono sentita meno sola, pensando che anche qualcun altro nella vita ha provato qualcosa di così magico, grande e profondo, tale da cambiarti dentro e da farti perdere.”

 

“Il libro è magico mi fa rivivere in Italia mi fa assaporare odori, colori, sensazioni e emozioni che vivendo all’estero avevo quasi dimenticato. Il racconto della storia d’amore travolge ed è a dir poco magnifico. Terminare il capitolo con una poesia è come se a pranzo c’è sempre il désert.”

 

“Letto tutto d’un fiato, la storia sa dell’incredibile, sembra irreale.”

 

Giancarlo Giuliani, nella recensione che ne fa su Tabula prima, ribadisce questo aspetto, per cui “il lettore si sente trasportato in un mondo quasi irreale a cui concorre anche la scrittura: preziosa, raffinata, che soffonde di poesia ogni luogo e ogni circostanza.

La recensione del Premio Calvino aveva già colto questo aspetto di irrealtà e immaginato la protagonista la personificazione della poesia e che l’intera opera ne sia un’allegoria.

Eppure nella Prefazione si dice chiaramente, Nessuna persona è inventata, qualcuna ha un nome di fantasia, qualche altra il suo vero nome e cognome. E tutti i fatti narrati sono realmente accaduti. Le 5 o 6 lettere che si trovano nel libro sono assolutamente autentiche e il loro testo è riportato quasi integralmente.

Avevo in mente mentre scrivevo il romanzo, e questa è cosa che dico oggi per la prima volta, l’opera di André Breton, Nadja, affascinata da quel suo essere autentica in ogni dettaglio e surreale allo stesso tempo. Nadja di Breton è un libro che non nasconde nulla; c’è un incontro fortuito, c’è un pathos d’incantesimo e un personaggio sfuggente. L’incontro è fatale e misteriosamente colmo di presagi e coincidenze. Inoltre Breton si muove in un territorio ambiguo fra il saggio, il romanzo, e il diario, mescolando i generi o piuttosto annullandoli, per far brillare puro l’atto della scrittura.

Dell’opera di Breton mi ammalia quel lasciare il testo “spalancato come una porta” di cui “non occorre andare a cercare le chiave”. Breton semplicemente constata eventi realmente accaduti, esponendo “i casi fortuiti”, “i collegamenti improvvisi”, le “coincidenze (pietrificanti”.

La storia d’amore de La corsa ragazzina inizia con uno svuotamento da parte di Nancy che prova ad andare incontro alla realtà in modo pulito, come il Guardatore di Handke, che sente d’esser nato per esaltare le cose, “che si scansa per una farfalla vista con la coda dell’occhio”, e che quando gli riesce di guardare in modo pulito non si sente più solo.” Ed ecco che la realtà si offre a Nancy in una forma inattesa e la sorprende. Nel coincidere di contrattempi ella già avverte che c’è qualcosa che dovrà assolutamente accadere e che il precipitare degli eventi non può essere arrestato, perché fatale; sono circostanze che le si sentono, proprio mentre si formano nell’aria, incomprensibili e benevole, quasi volute da un campo magnetico Celeste. E con tutta probabilità è stata Nancy stessa, svuotandosi d’ogni appetito e desiderio, ad attirare il sogno più bello che le potesse accadere, e poi è sempre lei, che mancando sé stessa e le sue ore, lo spegnerà, forse perché la vicenda sentimentale è talmente potente da non riuscire a sostenerla.

Ed è Venezia colei che è destinata a rivelare questa topologia emozionale dell’essere presenti l’uno all’altra e l’uno dall’altra in fuga, lanciati verso il loro io ideale, in fuga da loro.

E torniamo quindi alla data da cui siamo partiti all’inizio di questa presentazione, la data che fatalmente si stava avvicinando e che ho scelto come data ideale per la pubblicazione del romanzo, il 4 marzo, che è il giorno del compleanno di Andrea, giorno in cui Nancy e Andrea si rivedono, dopo un anno e mezzo da quella sera dell’intesa in cui corsero, sconosciuti l’uno all’altra, mano nella mano, per calli campi e campielli, e per i ponti, attraversando tutta Venezia dalla Biennale dei Giardini nel sestiere Castello alla casetta ad angolo di Andrea nel sestiere Dorsoduro, nel settembre del 1996.

Altri brani tratti dal romanzo:

 

“Si baciano, giocano, sorridono e si portano nella stanza da letto, dove lentamente si addormentano abbracciati. L’amore vero e proprio non lo fanno! [...] All’alba, prima che il nobile veneziano si risvegli, prende l’uscio e si incammina verso altra destinazione; sparisce per un tempo lungo, presume per sempre, per non infrangere il prodigio di quell’intesa.” (pagg. 46-47)

“Venezia si sta morbidamente risvegliando, e già di primo mattino perde in sobrietà: bevute, sorsi e bicchierini di rosso o bianco spumante, nelle calleselle e nei campielli, i nativi, dopo il caffè, già tracannano. Col sole che spolvera le pietre di tenero calore, in settembre, Venezia si stappa e s’allegra; corre presto elettricità tra i rivi, saluti gridati, festosità; il cuore della città è pronto e caldo per il venir del giorno. (pag. 48)

 

“Il 20 febbraio del 1998 Nancy arriva a Venezia, è Carnevale. [...] Nel tardo pomeriggio muove i passi verso Campo Santa Margherita e si ritrova a passare sotto la bianca casetta ad angolo, che la accolse la notte dell’intesa. Le finestre sono chiuse.

In campo, da un punto telefonico, [...], compone il numero di Andrea, [...]. «Pronto! Sono Nancy». «Ah, sei tu, sei veramente tu? Mi aspettavo la tua chiamata... ma sei a Venezia! [...]». «Sì, sono a Campo Santa Margherita». «Ma che bello! Siamo vicinissimi. E quand’è che torni? Ti voglio rivedere». Nancy è presa alla sprovvista, lei pensava che si sarebbero visti subito, ma comprende che è diverso il modo di ricevere il momento e trattare il tempo da parte di Andrea o dei veneziani o di alcune persone rispetto ad altre e soggiace, senza far pressione. «Torno la sera del 4 marzo per sostenere una prova di dottorato il giorno seguente». «Benissimo, un giorno ideale per rivederti, [...]». «Ok, va bene, a presto». «Divertiti questa sera, che il Carnevale di Venezia è molto intrigante».

Il tono, la fermezza estrema del suo negarsi e al tempo stesso di volerLa, in qualche modo, senza impegno, rivedere, Le placa la paura del rincontro, per un potere, tutto di Lui, di farla star tranquilla, bene. Dal tempo intercorso da quel momento al ritorno a Venezia, il potere di quella voce, dentro di Sé, La farà star senz’ansia alcuna. (pagg. 58-59)

 

“Fatalità, la sera del suo arrivo coincide con il ventinovesimo compleanno di Andrea, che cade in marzo, ma di questo lui non l’ha messa al corrente, un po’ perché è riservato, un po’ è che ama far lo splendido e sorprendere.  [...] Andrea le dà appuntamento al pozzo di Campo de’ Frari. [...]

Il tragitto verso il pozzo della fiaba, con in mano una mappa di Venezia stropicciata, è frammezzato da immagini nero brillanti che si liquefanno nel quadro dell’acqua di cielo nero. Passi altisonanti stende sulle pietre, dal silenzio armonico accolti, come in Senso di Luchino Visconti, nella lunga passeggiata per le calli deserte nell’ora del coprifuoco. Sa che non è arrivata, dalla cartina guidata, ma la vista non prefigurata di un pozzo, a Campo San Stin, la precipita in uno smarrimento. C’è ancora un ponticello da attraversare, discendendo il quale si apre una larga visuale sul grande Campo de’ Frari. Ecco, laggiù c’è il pozzo e una figura slanciata, piantata a terra, nel suo nero cappotto. La vede arrivare; resta fermo. Solo la voce muove con dolcezza timbrica al telefono... con qualche altra forse. Lei si dirige verso di lui, non può che essere lui, il campo è deserto. «Nancy, sei tu?!». «Sì, sai che non ricordavo il tuo viso…». Andrea sorride, è felice: «Ben arrivata, cara. Questa sera sei con me per rilassati, ti porto a una festa». Citofona al portone di un palazzo nobiliare, salgono su per lo scalone ed entrano nella casa, che Nancy non sa essere la sua e neanche che è lui il festeggiato, che è il suo compleanno.” (pag. 68-69)

 

“Improvvisamente si decide di continuare fuori la serata. E le cose mutano, mutano forma e colore. Entrano al Basegò, uno dei tanti sperduti bàcari, dalla fioca luce a sera, che puntellano la mappa di Venezia, fuori dai percorsi del turismo di giornata. Il locale è vicino a Campo San Tomà, appena dietro casa di Andrea, ed è affollato di veneziani sul principiar di quella marzolina notte. [...] All’interno del bàcaro, Andrea tiene Nancy saldamente al suo fianco, [...]. E una morbida tenerezza nei suoi occhi le preannuncia, come per incanto, il sospirato inizio di un’altra volta ancora. Il tono di lui è più confidenziale, sta per esser la sua donna, sta per possederla, la riguarda, nel suo cappotto blu, la ciocca bionda. Si staccano come pezzi di cartone gli amici, se ne vanno. Si staccano le scene a una a una. [...] La luna li segue allontanarsi per le calli, lasciano il campo su un bordo d’acqua, tornano a palazzo. Nancy, in totale smarrimento, ha inaspettatamente la certezza, che Andrea le dona a poco a poco, che tra loro, quella sera stessa, ci sarà un amplesso. Lei, che l’aveva in cuore da quando è arrivata, è scombinata da una dolce emozione. I propositi di Andrea, disvelati goccia a goccia, inebriano le loro labbra e la gola lentamente. Se tutto è diverso da quella prima volta, l’intensa potenza magica di Andrea è la stessa. Per quanto sfaccettata la sua figura deborda di eleganza e sensualità. D’ogni angolo e istante ha una padronanza che incute meraviglia e rassicura. Capitana la serata e la sua laguna, con la quale molto spesso si identifica. «Noi siamo lagune, ricordalo Nancy». Gli occhi color oro di Nancy, disorientati, lo guardano. Da qualche tempo lei emette una luce smerigliata dagli occhi, che non si tace.” (pagg. 72-73)

 

“Raggiungono un bianco natante, attraccato sotto la casetta triangolare, quella della prima notte insieme, quando con innocenza e un affetto immediato hanno dormito uno accanto all’altra soltanto. [...] Si avviano dolcemente, sprizzando poca acqua dai bordi, sotto i primi ponti, sui quali hanno corso spensierati la notte dell’intesa. Passano sotto svariati ponti per uscire dal pesce di pietra impiantato sui secolari pali. E di fronte a loro all’improvviso si apre splendida la laguna nera, spettacolo di stelle e luna. Andrea sorridendo accelera in tutta libertà, anche per farla trasalire; avverte già quanto sia ultrasensibile e timorosa. Nancy spuma di gioia, dal motoscafo quasi attraversata. [...] Poggiato al bordline del natante, appena trattenuto dalle corde ai pali confitti in laguna, laguna d’ebano e fredda, un volto splendido smeriglia un sorriso forte, magmatico, da amabile figlio di puttana; e getta la rete, non la labirintica e nodosa degli attaccamenti sminuzzanti, no, è una rete a maglie larghe, che apre ad ampie percorrenze e alla sosta.” (pagg. 74-75)

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