Anno VIII - Numero 1/2022
DINO VILLATICO
Esercizi di memoria
¿Que trama es ésta
del será, del es y del fue?
Jorge Luis Borges, Heráclito, 14-15
da Elogio de la sombra[1]
Visse Petrarca, per tutta la vita,
estraneo da sé stesso, e dalla vita,
un unico inattuato amore.
Inattuato, anche per noi, può darsi,
un desiderio che non si fa fuoco.
L’inesistente, il bacio di un fantasma.
Ma se l’inattuato fosse il senso
dell’esistente, e suo non senso, invece,
l’attuarsi dei nostri desideri,
la parola non detta, la mai stretta
mano, il bacio non dato, l’impercorso
sentiero, segnerebbero il cammino.
La febbrile libidine di un gesto,
di una voce, la voglia di un contatto
permangono a ferire la memoria.
Che ripete per sempre un solo gesto.
Uno scorpione punge l’esistenza:
l’occasione perduta, il non placato
tormento, la non più detta parola.
Distillano il veleno della bestia
che s’avventa al vagito dell’infante:
un esercizio di separazione
il presente, una landa desolata
il futuro. Ogni volta non si compie
ciò che l’attimo tocca e poi sospende.
Le ferite che sulla carne viva
fende la replicata ostinazione
del vissuto assomigliano al silenzio
della morte. Vivo la mia memoria
come una prevedibile sconfitta
della ragione. E sento cancellato
d’un tratto con un solo frego il tempo.
Chiedo al punto del mio ricordo quale
sia la sostanza del perduto. Se una
ce n’è che resti incontaminata.
O se perdita è senso del ricordo.
Lo sperdimento non è tanto questo
presente che ricorda, ma un passato
che ha già ratificato il mio presente.
Riaggomitolo il tempo, e mi consegno.
Ho sognato che mi corrispondevi.
Non chiedevo perdono, non chiedevo
di scusare la furia, di accettare
l’eccitazione, la disperazione
che parlava il linguaggio dell’amore.
Ho sognato che aperta consegnavi
alla mia tenerezza la dolcezza
del tuo corpo, e che io la investigavo,
l’assorbivo, me la immedesimavo.
Ho anche sognato nella tua saliva
le tue parole, udito sulla lingua
la musica che canta la tua voce.
Ho sognato che i nostri corpi entrati
l’uno nell’altro fossero la vita
di un solo corpo, e che scorreva dentro
il mio, il tuo, lo stesso sangue, uguale
il ritmo del respiro, l’appagarsi
interminato di un unica ebbrezza.
Ma mi sono svegliato. E visto nudo,
ma solo, sul mio letto: un corpo estraneo
che lo guardava un altro. Viva, ancora,
però, la dolce smania del mio sogno.
Me ne resta il sapore del tuo bacio,
l’odore del tuo corpo, lo smarrirmi,
dimenticarmi chi dimenticasse
sé stesso sprofondando dentro il buio
dell’altro. Mi riaffaccio alla distanza
che ci separa. E chiedo se potrai
perdonare quest’immaginazione
perduta, sconcia, docile di un sogno.
Fiano Romano, 30 ottobre – 1 novembre 2021
Possibile che dopo la tua morte
nessuno saprà niente né di te
né di ciò che hai lasciato scritto. Bene,
se ci rifletti, niente predispone
a prevedere che l’insipiens lasci
nel cosmo una sua traccia duratura:
sono scomparse specie di viventi,
si sono dileguati mondi, sono
implose stelle, annientate galassie:
che privilegio ci permetterebbe
noi soli di restare, noi malferma
specie, l’ultima, forse, di spocchiosi
ominidi, noi virus appestanti
laghi, foreste, mari, continenti,
che garanzia di vivere in eterno,
e noi soli, nell’universo estinto,
sopravvivere fatui testimoni
che tutta questa storia, non preveda
una fine, una conclusione, e tutto
sprofondi in un totale annientamento?
Fiano Romano, 17-18 novembre 2021
[1] Che trama è questa / del sarà, dell’è e del fu? Jorge Luis Borges, Eraclito, da Elogio dell’ombra.