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Storia cultura società

In forma di prosa 3

QUESTIONI DI ESTETICA, IDEOLOGICHE,

POLITICO-SOCIALI

di Mario Quattrucci

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Ho affrontato questioni sociali, di estetica ed altre piuttosto che in forma di saggio nel corpo di alcuni romanzi, vuoi nella parte dialogica vuoi nella parte diegetica del racconto. Ripropongo per estratti tali riflessioni – la presente dal romanzo Troppo cuore – nella speranza che suscitino un qualche interesse in alcuno degli affezionati lettori di malacoda: rivista del resto vocata a tali ricerche e confronti.

 

 

 

 

LA ROMA DI OGGI ATTRAVERSO UNO SGUARDO SUL RIONE MONTI, IL RIONE I° CHE COPRE L’ANTICA SUBURRA

 

Oggi la Suburra, le suburre di Roma, come ci dicono i Maestri in libri e film, sono altrove: Ostia, Tor Bella Monica, Er Don Bosco e Tuscolano, San Basilio come Scampia, lontane o prossime periferie in cui le vere mafie-capitale la fanno da padroni. Ma fino a quando noi eravamo giovani studenti, la Suburra era Monti. Lo era da secoli, dal tempo di Silla e di Cesare e d'Augusto Imperatore e, nonostante i segni e i cambiamenti di ogni secolo seguente, fino a ieri.

Ora è tutto diverso e tutto è post, e del Rione dei nonni e perfino di quello dei nipoti come noi, non c'è più quasi niente. Che sia un bene o un male chi può dirlo? È il progresso, sono i tempi nuovi, ma del popolo che ancora quando era vivo Petroselli[1] − pur con tutti i mutamenti, e il progresso, e l'ascesa e le conquiste del popolo romano − gli dava fiato e vita, ora non c'è più niente.

Gente e vita ci sono, certamente..., anche troppe..., ma si tratta d'altro. Perché altro è ROMA: e malgrado i lustrini i restyling le luci e le vetrine non è bella, non è migliore di quella stalla e chiavica del mondo di cui parlò Gioachino Belli: anzi è assai peggiore. Perché si può abbellire e ripulire quanto vuoi, pòi levà le croste e il nerofumo dai muri delle chiese e delle case, cambià persiane, riscialbare intonaci, buttà li stracci e vestitte da signore…, ma come fu al tempo di Augusto Imperatore, così è oggi: sotto i profumi di Gucci e gli aromi di curry di kebab e di supplì, tra sushi e happy hours Roma puzza. Puzza de monnezza umana culturale e materiale, alita macuba, cocaina, sturba d'odor de fogna come il fiume: sangue e merda. Roma settemonnezze..., come dice il Poeta.[2] Soprattutto umane.

E se lo vuoi capire, e per sentirlo, basta appizzà le recchie..., prestare attento ascolto e tutti gli altri sensi, alle voci e ai silenzi, alle vetrine e alle insegne, alle facce alle lingue e alle parlate, al tanfo di marciume che dai Palazzi e dalle Piazze divenute bivacco dei nouveaux barbares, e dalle vie riposte e dai vicoli non più ciechi fino alle nuove suburre, Roma Capitale da ogni angolo sprigiona. E basta, soprattutto, annà ar Catasto. E sapere chi ha comprato (mafiofinanzieri italiani, arabi, cinesi...) quasi tutto: case e palazzetti, botteghe e trattorie, ex tipografie e magazzini...: e tutto ha trasformato.

Monti, oggi, non è più un rione: è un village, una sequenza di happy hours, un luogo di movide, un vapore di birra cioccolato e fumo, un terreno fertile per pusher e strozzini e prestanome delle mafie. Ciò nonostante..., e poiché Roma è ancora e sempre il cuore dello scontro tra decenza e schifenza, tra progresso e nuovo oscurantismo, tra reazione e democrazia..., Monti è anche teatro di feste e di culture, di importanti Scuole, di librai e club musicali, di artigiani e artisti... E fra questi, in alto, il Club 37 e il Funaro Monti Jazz Quintet. Dunque, malgrado tutto, gente ce n'è ancora..., e ancora vita: gente di adesso, ci capiamo: romani romanesi di questo nostro tempo sconsacrato...

E osservare, e ascoltare, intendere e sentire, per quello che si può, dai racconti e dai modi questa gente d’oggi è tutto ciò che noi si possa... Noi che abbiamo il compito e il dovere di raccontare le cose come stanno. Il pispillorio, il brusio della vita che insieme sentiremo non è più quello e non ci piace..., e forse mai non giungeremo a intenderlo, a capirlo, e la verità dell'òmo resterà un mistero... Ma se realtà, alla fine, non è che il bulicame delle cose e dei fatti d’ogni giorno, quel brusio sarà forse una voce che potremo ancora udire e raccontare. E al lettore in ascolto si potrà narrare, forse, con voce di cose e non di vuote parole.

Ma non dire che la mala pianta, la criminalità organizzata e intricata col potere, qui non alligna in quanto questo è il Centro, perché Monti no, perché Monti come Ponte o Trastevere o Testaccio, passato al restyling di edifici e coscienze, svuotato dell'antico popolaccio e bonificato degli antichi ratti, Monti non è più, come fu per secoli, suburra: la Suburra.

No: proprio per quel suo rinnovamento profondo e radicale che ha segnato Roma nell'ultimo trentennio, è ancora come sempre il cuore, er còre inguastito come mai, er cibborio dell’Urbe: e forse ancora adesso pasta dell’impasto di vecchiumi, miraggio di tutte le epoche, epilogo di tutte le civiltà, segno di tutte le grandezze e di tutte le miserie, accordo di tutte le contraddizioni che ancora è Roma. Forse.

 

[1] Luigi Petroselli, Sindaco di Roma fino alla sua morte avvenuta nel 1981.

[2] Roma settemonnezze è del grande poeta innovatore del verso romano, Mauro Marè.

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